Dom 15 Gen 2017 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Carissimi, l’inverno ha preteso giustamente di poter fare la sua parte. I contadini di una volta sostavano presso il focolare a raccontare o a giocare a carte. Anche a ciascuno di noi il freddo abbia a lasciare un caldo ricordo! 09 gennaio: Letizia e Alessio hanno accolto Vita Gemma, una bellissima bambina. Auguri! Grazie perché avete purificato e abbellito il mondo!

Il prossimo 28 gennaio, sabato, si terrà il terzo incontro di studio sul pensiero di Panikkar.

* il mantra dell’essere – la realtà cosmoteandrica: Dio-uomo-mondo

* Il mantra dell’essere: sullo sfondo della visione e della conoscenza si delinea la viva correlazione universale che ci avvolge.

La lettera che trovate in allegato è un invito – chi l’avrebbe mai detto! – ad andare al cinema. Il film che vi invito a non mancare è SILENCE di Martin Scorsese. Io ho avuto la fortuna di vederlo il primo giorno della sua proiezione nelle sale in Italia, insieme con Isacco. A voi alcune impressioni alle quali mi sarà gradito aggiungere le vostre. Grazie.

p. Luciano


 

Silence

il silenzio di Dio: l’Umile, il Benevole, il fondo del fondo che tutto sostiene

fumie

fumie conservate nel Museo Nazionale (Tokyo)

Giovedì 12 gennaio, primo giorno della sua proiezione in sale pubbliche italiane, ho visto il film di Martin Scorsese: “Silence”, tratto dal romanzo storico Chinmoku di Endō Shūsaku. Quando il romanzo fu pubblicato nel 1966, io ero in Giappone da alcuni anni. Chinmoku fu il primo libro giapponese che ho letto nella lingua originale.

La famigliarità nei confronti del pensiero e della visione dello scrittore cattolico Endō Shūsaku raggiunta attraverso la lettura di alcune sue opere, e la conoscenza storica dei fatti narrati nel film, mi hanno permesso il coinvolgermi fino alle lacrime nelle scene che vedevo scorrere sullo schermo davanti ai miei occhi. Invito chiunque intende vedere il film a premettere la lettura delle seguenti voci da internet: “Chiesa cattolica in Giappone”, “Cristiani nascosti in Giappone”, “Kakure Kirishitan”, “Fumie”. Senza la conoscenza storica, lo spettatore faticherebbe a riconoscere il contenuto del film come fatti veramente accaduti.

“Silence” è indiscutibilmente un capolavoro di tecnica e di arte cinematografica. Le scene esplodono di una bellezza e di una violenza inimmaginabili. Dal 1614 lo Shōgun Tokugawa aveva messo in atto una persecuzione atroce per sradicare il cristianesimo dal suolo giapponese, giuntovi alcuni decenni prima attraverso Francesco Saverio e i missionari gesuiti. Tutto quanto era di provenienza straniera doveva essere estirpato al fine di poter realizzare la pura nazione giapponese, secondo i principi confuciani. Nessun avrebbe dovuto osare un pensiero che si discosti da quello ufficiale impersonato dallo Shōgun. Le vittime dell’atroce persecuzione furono soprattutto le migliaia di poveri contadini e pescatori della provincia di Nagasaki, dove la popolazione al completo aveva accolto la nuova fede. Molti di loro furono bruciati, annegati, decapitati, appesi alla tortura della buca. Ma ancor più, furono decine di migliaia quelli che calpestarono l’immagine di Gesù e di Maria come gesto di abiura della fede cristiana e così evitare i tormenti della persecuzione. Il gesto di calpestare l’immagine sacra cristiana, fumie, veniva imposto periodicamente agli abitanti dei villaggi che avevano aderito alla fede cristiana. Benché esentati dai tormenti della persecuzione, questi cristiani caduti vissero il resto della loro vita in modo molto gramo. Mai furono reintegrati nella nazione giapponese e alla loro morte furono sepolti in fosse comuni costruite in templi buddisti. Quando nel 1865 lo shōgunato cadde e fu tolto l’editto di persecuzione, decine di migliaia di questi cristiani caduti – nascosti si presentarono ai primi missionari francesi ritornati a Nagasaki. Caduti – nascosti, non avevano potuto dimenticare il volto di Gesù e di Maria che avevano calpestato. Con il piede infangato avevano profanato quei volti; ma poi con le lacrime li avevano lavati. E quei sacri volti, lavati, esprimevano soltanto profonda compassione e benevolenza. La benevolenza di quei volti era il loro unico conforto. Più profonda era stata la loro caduta, e più profondo il loro affidarsi alla benevolenza di quei volti.

Silence è un film complesso e non tutti andranno oltre l’ammirazione di certi panorami o lo sconcerto per la brutalità dei metodi di persecuzione. A molti risulterà difficile riconoscere che proprio nell’era Edo in cui chi contraddiceva il pensiero dello shōgun era auto-condannato alla morte, in quell’epoca Hokusai, Hiroshige e Utamaro dipingevano gli sketch per le delicate ukiyoe, prosperavano le vie del fiore, del thè, dell’arco, del pennello. La tranquillità politica aveva garantito il prosperare delle forme artistiche, esigendo però come condizione che nessuno osasse spingersi oltre l’establishment, oltre il pensiero dello Shōgun. Quella tranquillità, infatti, esigeva una vittima: la libertà di comunicare con l’infinito.

Questo film ferirà la visione esotica che molti amano avere del Giappone. Ai giapponesi stessi, questo film non piacerà, perché è nella loro psicologia culturale velare i brutti ricordi del passato. Eppure questo film è rivoluzionario, nientemeno che del concetto di Dio. Il Dio da sempre e ovunque celebrato come l’Altissimo, l’Onnipotente, il Giudice, in Silence è invece l’Umilissimo, la Compassione, la Benevolenza, il Silenzio, il fondo del fondo che tutto raccoglie e guarisce.

Chi vince in questo film? Ciascuno porrà le sue domande e ricercherà le sue risposte. In Silence, tutto quanto accade è energicamente controllato dal potere politico dello Shōgun Tokugawa attraverso l’inquisitore Inouesama. Il potere politico si pone come garante e custode della pace del popolo ed è in nome di tale pace che si esige l’eliminazione di tutto quanto esoda da tale alveo. Per 250 anni il Giappone si rinchiuse in una presunta autosufficienza chiamata Sakoku, La nazione con la catena. L’autosufficienza storica è la tendenza che anche oggigiorno turba i rapporti internazionali. Lo spiraglio che permette all’uomo di comunicare con l’infinito deve essere tappato. Il pensiero deve essere ritirato nei parametri della storia e della politica. Tutto quanto non rientrerà, marcirà nel pantano della astoricità. I missionari gesuiti Ferreira e Rodrigues alla fine rigettarono la teologia del Dio Altissimo, e ritirarono la loro residenza dentro il realismo storico della politica dello Shōgun.

Il protagonista del film non è né lo Shōgun, né Ferreira, né Rodrigues. E’ invece Kichijiro, l’uomo debole che non si corazza, che cammina nel fango, che ripetutamente cade e continuamente si rialza, che continuamente chiede il perdono. Ed è anche l’uomo libero di peccare, perché ha conosciuto il vero volto di Dio che redime il peccato. Con Kichijiro sono protagonisti i contadini e i pescatori di Nagasaki che al controllo dell’inquisitore con il piede infangato calpestavano i volti di Gesù e Maria, e poi con le lacrime lavavano quei volti che avevano infangato e li veneravano. E quei volti in silenzio dicevano solo compassione e benevolenza, intima partecipazione al dramma umano. La scena finale di Kichijiro che chiede a Rodrigues, il gesuita apostata fattosi confuciano, di ascoltare la sua confessione e dargli il perdono è la chiave del film.

Ho iniziato la traduzione in italiano di un libro-antologia che raccoglie i pensieri di Endō Shūsaku su Dio e sulla religione. Riporto due pensieri.

“Invisibile energia sempre in azione è un’espressione propria per indicare Dio. Dio, infatti, non è un ente che esiste a sé, come comunemente si dice. Dio, lo percepiamo piuttosto come una energia all’opera dentro di noi. Io ho raggiunto questa comprensione ad una certa età, quando fui in grado di poter osservare la traccia della mia vita come un uccello dall’alto vede la distensione della valle. Ho compreso che Dio non agisce in me direttamente, ma indirettamente. Il suo sguardo mi coglie attraverso gli occhi di un amico, di una persona che incontro, oppure da cui mi separo, perfino attraverso gli occhi bagnati di un cane o di quelli di un uccello che muore” (da “il curriculum di uno studente bocciato”).

“L’uomo nel percorso della vita immancabilmente s’imbatte in situazioni che, con la sola volontà umana, non può né affrontare né superare. Ma proprio in questi frangenti in cui tutto gli appare fallimentare, l’uomo sperimenta che dalle spalle qualcosa persiste nel trattenerlo in piedi, nel dargli la spinta a superare e andare avanti. Qualcosa di invisibile ai suoi occhi, un’energia nascosta.” (da “Lo specchio dei diecimila fiori”).

p. Luciano

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