La stella del mattino – cammino religioso Vangelo e Zen
Milano, 17 luglio 2025
La solitudine dei sacerdoti oggi!
“Il giovane curato si è tolta la vita” è la notizia che recentemente ha sconvolto e commosso la comunità cristiana di un ameno villaggio sulle coste del Lago Maggiore. “Aveva creato un bel rapporto con i giovani ed aveva appena organizzato il Grest. Era benvoluto da tutti, anche in oratorio era ben visto”, commentò la rivista Famiglia cristiana. La sera precedente il giovane prete aveva giocato a tombola con i ragazzi della parrocchia e la notte, in solitudine, quel gesto!
Molti giornalisti hanno scritto sulla solitudine dei sacerdoti. Nell’ambito ecclesiale subito furono pronti i suggerimenti per il caso: più vita comunitaria tra preti e più direzione spirituale, ossia più esempio e più guida da parte dei sacerdoti anziani verso quelli giovani. Ovviamente sono suggerimenti molto saggi.
Eppure c’è una solitudine che al prete d’oggi è troppo personale, troppo intima al suo essere prete, che i saggi suggerimenti non possono lenire. E’ la solitudine indotta dal dubbio di non capire l’uomo reale fino in fondo. Troppa gente, che eppure continua a vivere dignitosamente, s’allontana dalla pratica ecclesiale. Il dubbio si estende sul passato: la chiesa istituzionale non ha capito Marguerite Porete, Galileo, Giordano, Bonaiuti, Tartaglia e tanti altri; ed è ricorsa alla violenza dell’inquisizione. Un concetto rigido e fisso dell’uomo impedisce di comprendere l’uomo storico. A monte c’è l’intendere la verità come un assoluto che sussiste senza nascere dalla via e senza nuovamente riversarsi nella vita. “Io sono la via, la verità e la vita”, lui disse.
Il sacerdote può fare il ministro di una verità che non necessita di nascere dalla via e, quindi, di riconfluire nella vita. Può fare il sacerdote perfetto di sicurezze perfette.
Fin dall’inizio del cammino cristiano, la riflessione teologica ha isolato noi da Gesù e Gesù da noi, facendo di Gesù il Cristo solitario, il capo senza le membra. Lungo la stessa via crucis di Gesù quanti cirenei suoi fratelli in umanità hanno portato e portano il loro frammento di croce anelante al regno che è giustizia, pace e gioia nello Spirito. “Nel regno dei cieli il più piccolo è più grande” lui disse.
Oggi lo Spirito, che soffia da e verso dove non si sa, ha infranto i recinti culturali dentro cui perfino ogni religione poteva accomodarsi al suo posto e concorrere alla recintata tranquillità sociale. Oggi le vie culturali e religiose confluiscono liberamente nella vita di ogni uomo. Il Buddismo è diventato di casa in Italia. “La Chiesa Cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni….”, “Nel Buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo materiale e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquisire lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi e con l’aiuto dall’alto.” (Concilio Vaticano II, “Nostra aetate”).
Il tempo che viviamo è gravido di una sfida liberatrice per la Chiesa, in particolare per il sacerdote che la vocazione espone in prima linea. Questi, il prete d’oggi, è chiamato ad essere più grande della tradizione che lo ha preceduto. Come? Diventando più piccolo, assecondando la sua parola: “Nel regno dei cieli il più piccolo è più grande”. Il prete divenuto più piccolo dei preti più grandi del passato che erano un’autorità nei loro paesi, non dovendo correre qua e là per salvare il mondo intero, può fermarsi su un muretto del ciglio della strada e attendere, ascoltare, dialogare con i compagni di viaggio. Può semplicemente stare in silenzio lasciando sedimentare nel vuoto della sua ferma fede le rumorose questioni del mondo. Può fare spazio al vento che soffia da e verso dove non si sa.
Nella Chiesa Cattolica non c’è tutta la verità; questa è effusa in ogni dove e in ogni quando dell’universo. C’è però il sacramento della porta stretta che, attraversata, apre alla grande visione. Il piccolo apre al grande, all’immenso. Questa porta stretta è il sacramento del perdono. Lui disse che la grande gioia non è dei 99 giusti che sono tanto perfetti da non avere nulla di cui doversi pentire, ma è del peccatore vero che si converte veramente. Ascoltò questo annuncio un giovane ebreo, figlio di madre ebrea ortodossa, e si fece prete cristiano: don Lorenzo Milani. “Perché nella Chiesa si dà il perdono!”.
Le confessioni di questo nostro oggi: molti adulti che ritornano in chiesa dopo decenni di allontanamento, e molti giovani. Qualche giovane confida al prete l’intenzione di togliersi la vita. Seduti sul muretto del ciglio della strada, il giovane e il prete si dicono poche parole, in silenzio pregano. La brezza dello Spirito purifica e rinvigorisce. Si riprende il cammino.
Dal confessionale della chiesa di San Babila, Milano, dove nei giorni feriali accudisco al servizio del sacramento del perdono, negli intervalli tra una confessione e l’altra contemplo la gente che seduta o inginocchiata si raccoglie in preghiera, tra cui molti giovani. Assorti in quel silenzio, cosa fanno? La filosofa atea Edith Stein, segretaria di Edmund Husserl, visitando una chiesa a Francoforte, vide entrare una popolana con la borsa della spesa. Questa si raccolse in silenziosa preghiera. “Cosa starà dicendo e a chi?” si domandò Edith. La popolana si alzò, riprese la borsa della spesa ed uscì facendo un profondo inchino. La filosofa atea diventerà santa Teresa Benedetta della Croce, martire ad Auschwitz. La chiesa della via grande ha commesso il peccato dell’inquisizione, la chiesa della via piccola riversa la Lieta Novella, da cuore a cuore.
Dal prossimo 30 luglio al 21 agosto condurrò 6 giovani sacerdoti (4 di Milano, 1 di Padova, 1 di Senigallia) in pellegrinaggio nella terra del mio servizio missionario, il Giappone.
La prossima lettera in settembre. L’augurio di una estate amica della natura, dove è più facile percepire la brezza dello Spirito.
SHISŌ, l’aromatica ortica giapponese della nostra veranda p. Luciano ,
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