Ven 26 Set 2025 Scritto da Maurizio Lari AGGIUNGI COMMENTO

La stella del mattino – cammino religioso Vangelo e Zen

Milano, Via Palermo 11 – 21 settembre 2025

Mi chiamo Nagomu (和夢)”

i giovani e i loro sogni

18 agosto 2025. Il treno Shinkansen, super-rapido giapponese, era partito da Kagoshima al primo mattino e sfrecciava tra le colline del Kyūshū diretto a Tōkyō (1400 km in 5 ore). Alla stazione intermedia di Kumamoto salì un giovane che occupò il suo posto, attiguo a quello del sottoscritto. Dopo una decina di minuti afoni, toccò a me rompere il silenzio. “Sei uno studente universitario?”. “Sì, mi chiamo Nagomu e studio Scienza dell’Educazione perché voglio diventare educatore”. Ai miei complimenti per il corso universitario scelto, il discorso si fece più disteso e confidenziale:

“Nutro il sogno di visitare l’Italia, la Spagna e la Francia. Ne sento una particolare attrazione”.

“Ho vissuto tanti anni in Giappone, ma è la prima volta che sento il tuo nome. Come si scrive?”.

“Si scrive: 和夢”.

Nagomu in lingua giapponese è un verbo che significa stare tranquilli al calduccio come gli uccellini nel nido e lo si scrive con un solo ideogramma, precisamente con , con cui si scrive anche pace. Ma quei genitori vollero aggiungervi l’ideogramma che significa sogno. 和夢・Nagomu = “il sogno della pace”, oppure “la pace del sogno”. Nella vena del nome augurale ricevuto dai genitori il giovane universitario Nagomu sogna il viaggio in Italia, in Spagna, in Francia. Ad Hiroshima, sede della sua università, Nagomu lasciò il treno, Una stretta di mano e un “Arrivederci in Italia!”.

Incontro fortuito di circa un’ora; tuttavia un dettaglio del discorso ha tenuto e tuttora tiene la mia mente assorta in una riflessione. Nagomu: “sognare la pace?”, oppure: “stare in pace sognando?”. La differente traduzione descrive i giovani d’oggi.

Il 92nne parroco della chiesa di Setagaya, quartiere di Tōkyō. don Fusao alla domanda sui giovani giapponesi rivoltagli dal gruppo di sacerdoti italiani – fra cui il sottoscritto – che il 3 agosto scorso gli aveva fatto visita, asserì che i giovani nel loro intimo sognano ideali e valori, ma non li esternano, perché non credono che sarebbero compresi. Quindi si rinchiudono in una composta assenza. Di fatto tra i giovani che passarono davanti ai miei occhi nelle 3 settimane ultimamente trascorse in Giappone, non vidi alcuno dai pantaloni strappati, né ostentante tatuaggi; soltanto vidi alcuni con la capigliatura tinta di verde o di rosso o di altro colore. La chioma come un samsara variopinto? I sogni come samsara, nel cui nido si può stare al calduccio, appunto sognando di sognare?

Eppure quanti Nagomu nelle università giapponesi che sognano la pace e, sognando, si mettono in cammino!

I giovani delle notti di fine-settimana a Milano, e non solo loro, si manifestano in comportamenti opposti a quelli dei giovani giapponesi. Vestiti a brandelli, tatuaggi, piercing, frastuono, ecc. Ma ciò è proprio così differente e lontano dai comportamenti dei giovani giapponesi? Il rifugiarsi in una assente e composta interiorità è così diverso dall’esplodere in una scomposta esteriorità?

Può essere che anche a monte dei comportamenti scomposti dei giovani italiani delle notti di fine settimana, e non solo loro, ci sia una consapevole o inconsapevole diffidenza verso i comportamenti della società adulta: famiglia, società, chiesa. I giovani non vogliono consegnarsi al progresso che le generazioni precedenti vantano d’aver costruito. Ai loro occhi critici non regge la finzione a scopo di bene. Soprattutto riguardo la chiesa e il mondo religioso. Il vescovo ausiliare di Tōkyō, incontrato alla fine della nostra permanenza in Giappone (19 agosto), ci disse che anche vari giovani di Nagasaki, figli dei martiri (vedi film Silence), come emigrano a Tōkyō per studio o per lavoro, lasciano la frequentazione della chiesa. Il vanto del martirio, o la tradizione religiosa della famiglia, o i sacramenti ricevuti da piccoli, o la frequentazione di scuole cattoliche…, tutto questo non è la fede. La fede è un atto di volontà che crea il nuovo dal vuoto. Il nuovo diviene perché creduto. Nel vuoto è l’esperienza dell’essere liberi. Molti giovani d’oggi crebbero in famiglia ricevendo tante cose: tante cose al posto di ore vuote in cui i genitori perdessero tempo a giocare con i propri bambini.

I giovani credono agli adulti che a loro volta hanno creduto creando il nuovo dal vuoto, mentre diffidano di chi dice di credere senza conoscere il brivido del dubbio. La fede che sposta le montagne è il granello di senape. E’ il granello di senape che cade nel terreno.

Quanti Salvo D’Acquisto nella società e quanti Pier Giorgio Frassati nelle università d’Italia!

p. Luciano

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