“Questo per voi è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12). Ricevuta la notizia dagli angeli, i pastori si misero in cammino e trovarono il bambino adagiato sul caldo pagliume della mangiatoia delle mucche. La madre Maria sorrise.
Mio padre teneva la stalla e ogni giorno lo vedevo somministrare il fieno alle mucche nella mangiatoia. Ancora alunno delle Elementari già potevo intendere che il buon latte caldo della colazione mattutina mi proveniva dal filo d’erba brucato dalle mucche. Divenuto studente delle Medie, cominciai a intendere che in quel buon latte caldo c’era l’incontro del cielo e della terra attraverso il metabolismo di un filo d’erba. Fu nelle Superiori che, in quel buon latte caldo della colazione giunsi a gustare l’armonia dell’universo che si offriva a me attraverso la lenta e calma ruminazione di un filo d’erba nel ventre della vita. La mucca quando rumina si corica. E’ il suo momento meditativo, come il suo zazen.
Il libro che da alcuni giorni sto leggendo ha come titolo: “La rivoluzione del filo di paglia” di Masanobu Fukuoka, edizioni Fiorentina. L’autore narra lo stupore provato quando verificò che il riso cresciuto su terreno non artefatto da aratura e da super-cure artificiali umane era pregno di un vigore e di un sapore che non si riscontra più nel riso delle monocolture. Oggi Masanobu Fukuoka su una collina di Shikoku, la sua isola natale, coltiva il riso, gli ortaggi, gli alberi da frutto secondo il metodo naturale delle origini, e la sua fattoria agricola è diventata una scuola, meglio dire una università, che attira molti discepoli dai vari continenti. Il suo richiamo spirituale è l’insegnamento del non fare predicato nel Buddhismo Zen, ossia il non aggredire artificialmente la crescita naturale dei vegetali, come pure degli umani. Contemporaneamente egli ama citare le parole di quel maestro che alla sua nascita fu adagiato sulla paglia della mangiatoia delle mucche: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre” (Mt 6,26).
Masanobu Fukuoka difende il valore delle erbe selvatiche che sono parte dell’ecosistema vivente della natura. La monocoltura è sopraffazione. Egli redarguisce il troppo intervenire dell’uomo sul processo vitale, perché stressa ed altera il vigore originario. In natura non c’è nulla di inutile. Le erbe selvatiche seccate divengono ottimo materiale per pacciamare le nuove coltivazioni trattenendo umido il campo e quindi dissolvendosi in fertilizzante naturale. I concimi chimici, invece, sterilizzano il terreno. A riprova: le fragoline che maturano spontanee nel prato montano sono più dolci e il sapore delle melette gobbe e rugose del melo di bosco è più delicato.
E’ stata la lettura del suddetto libro “La rivoluzione di un filo di paglia” a suggerirmi il tema di questa lettera pre-natalizia. L’osservazione attenta e non prevenuta di ciò che accade e quindi la ruminazione nel tempo, calma e silenziosa, di quanto è stato osservato sono i due passaggi fondamentali a discernere tra ciò che è vacuo strafare e invece ciò che è umile potenza che germina sotto il pacciame di erbe selvatiche. Il libro che sto leggendo mi evoca il parimenti rivoluzionario documento che papa Francesco ci ha lasciato. Come antifona al contenuto del documento, papa Francesco ricorda il comportamento del Santo d’Assisi che “…chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell’orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza” (cap. 12). “Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio” (cap. 83). Così, con forza rivoluzionaria, papa Francesco ammonisce la nostra scontata presunzione che le cose ci sono per noi, al servizio delle nostre comodità. Quindi: noi umani i loro padroni. La memoria di papa Francesco ci rimane indelebile, potente e carissima.
Alcuni giovani toscani mi hanno chiesto di condividere un loro progetto. Nel prossimo marzo (2026) intendono piantare un frutteto sul pendio di un colle retrostante Fiesole, seguendo il metodo naturale proposto da Masanobu Fukuoka. Il maestro Fukuoka in un suo viaggio in Italia visitò il posto caldeggiando l’iniziativa. E’ stato steso il programma dell’evento (che potrebbe subire marginali modifiche). Sabato 14 marzo si raggiunge il colle (località Ontignano FI), scambio del benvenuto e quindi mezza-giornata di pratica religiosa (zazen ed eucaristia) perché lavorare la terra nel metodo naturale è liturgia cosmica. Il giorno seguente, domenica 15 marzo, tutti a scavare buche e a piantare alberi da frutta, pacciamando il terreno rimosso con paglia ed erbe selvatiche. Naturalmente tanta allegria, non ostante qualche callo alle mani.
Sei un giovane? Verresti anche tu?
Spedisco questa lettera oggi, festa di Maria Immacolata. Non ostante il gravame di cui la teoria teologica fondamentalista del peccato originale, forgiata dalla mente umana avida di poter dire: Se non ti converti a me, sei perduto, ha appesantito il LIETO ANNUNCIO che è il Vangelo, oggi la Chiesa celebra che una porzione di umanità fisica e spirituale è stata preservata purissima, immacolata, originale: la vergine Maria. In Maria anche mia madre, tutte le madri.
Buona festa all’IMMACOLATEZZA di Maria, che non è acquisita attraverso ragionamenti o pratiche o appartenenza a istituzioni religiose, ma è gratuità pura, concezione immacolata, natura originaria. Dal fondo dell’anima, custodito umido e fecondo dal pacciame delle mille erbe selvatiche marcescenti che lo avvolge, sempre germoglia una nuova speranza. Ave Maria!
p. Luciano