Gio 6 Apr 2006 Scritto da Padre Luciano AGGIUNGI COMMENTO

la Pasqua evidenzia la qualità più profonda del Cristo, essere olio che lenisce e corrobora l’esistenza

da alcuni appunti di P.Luciano

La morte ma non peccati! Ė ovvio che un Dio compreso come il vertice dell’essere, come il grande capo, come il punto forte che sta sopra la realtà, come il trascendente, come l’uno che non ha pari, un Dio così, senz’altro si compiace nell’avere sudditi che non commettono peccati, come adorazione verso la sua assolutezza divina. Un Dio così vuole che si veneri l’inderogabile sua qualità di essere superiore, irraggiungibile, intoccabile, incomprensibile, non giudicabile da alcuno, non soggetto a nessun altro al di fuori di sé. Un Dio così accetta la morte del suddito, ma non il suo peccato; perché sarebbe disonore alla sua supremazia.

Ramoscello di ulivo

Lo condannarono a morte perché aveva bestemmiato, facendosi uguale a Dio. «Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: “Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?”. Tutti sentenziarono che era reo di morte» (Mc 14,63-64). Sì, perché aveva bestemmiato contro la supremazia del Dio supremo, dichiarandosi simile a lui!

Aveva perfino insegnato che c’è più gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, che non per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza (Lc 15,7). I novantanove giusti sono i sudditi ideali per il Dio supremo; con la loro integerrima condotta ne sono l’immagine. Non è affatto il semplice affermare che il Dio supremo ha anche la virtù della benevolenza: quindi è ancora più supremo! No, perché la gioia più grande che il Vangelo annuncia non è limitata a Dio o alla sua gloria; ma è universale e riempie tutto il cielo dell’essere! Il Vangelo di Cristo non annuncia le virtù che fanno onore a Dio, ma piuttosto rivela l’intima essenza del cuore di Dio. Rivela la natura che costituisce la persona di Dio. Rivela ciò che in Dio è più grande della sua stessa libertà, perché anche la libertà in Dio scaturisce da quell’essere così.

Gesù parlava con Dio, chiamandolo abba, padre, babbo! Un giorno aveva detto alla folla dei discepoli, radunata attorno a lui sulla montagna,: «quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,6). Gesù, entrando nella camera intima dell’esistenza dove questa rivela i suoi segreti, aveva percepito chiaramente che il suo esistere, come l’esistere di ogni cosa, ha la natura della corrente del fiume. Esisto, perché sono fatto scaturire all’esistenza dalla mia fonte! Una fonte che è tale, perché la corrente che da essa scaturisce la costituisce fonte. Gesù percepiva che il rapporto di paternità del Padre verso di lui e il suo di figliolanza verso il Padre non erano comportamenti casuali; e nemmeno conseguivano dalla virtù del Padre né del Figlio. In altre parole, il Padre si comporta da padre non per virtù, come un atto di bontà che compie per bontà sua, a cui però non sarebbe tenuto. Dio è padre per natura: nel suo intimo non c’è che la di natura padre. Fuori dal comportarsi come padre, Dio non è.

p.Luciano

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categorie: Riflessioni

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