Dom 3 Set 2006 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

il retto comportamento

Allora si riunirono attorno a Lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da GerusaLemme. A vendo visto che aLcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non Lavate – i farisei infatti e tutti i giu­dei non mangiano se non si sonolLavate Le mani fino aL gomito, atte­nendosi alla tradizione degli antichi, e tornando daL mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come Lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame – quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo La tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?». Ed egli rispose Loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le lab­bra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate La tradizione de­gli uomini». E aggiungeva: «Siete veramente abili nell’eLudere il co­mandamento di Dio, per osservare La vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la ma­dre sia messo a morte. Voi invece dicendo: Se uno dichiara aL padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e La madre, an­nullando così La paroLa di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa conta­minarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo». Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i discepoli Lo interroga­rono sul significato di quella parabola. E disse loro: «Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?». Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. Quindi soggiunse: «Ciò che esce dall’uomo, questo sì conta­mina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupi­digie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e con­taminano l’uomo»

  • LIBERO PERCHÉ OBBEDIENTE, OBBEDIENTE PERCHÉ LIBERO

I farisei (significato etimologico della parola: i puri) biasimarono i discepoli di Gesù, perché mangiavano i grani di frumento, sgreto­lando le spighe senza aver prima lavato le mani. Lavare le mani prima di mangiare era una rigida norma presso gli ebrei. Che fa Gesù? Difende gli apostoli dalle severe critiche dei farisei e asserisce che quanto contamina l’uomo non è ciò che entra in bocca, ma quello che attraverso la bocca esce dal cuore. Eppure Gesù non era insensibile al valore igienico e umano del lavarsi le mani prima di mangiare. Un giorno si lamentò con Simone il fariseo che l’aveva in­vitato a pranzo, ma non gli aveva offerto l’acqua per lavarsi (Lc 7,36­50). Tutti ricordiamo che egli stesso lavò i piedi agli apostoli prima dell’ultima cena. Il primo sacramento che egli affidò ai discepoli è il battesimo: il lavacro di tutto il corpo e spirito nell’acqua.

Il Vangelo che Gesù ci annuncia oggi non riguarda certamente l’osservanza o la trasgressione delle tradizioni; non intende affatto insegnare che le norme igieniche non hanno il loro valore. Piuttosto ci indica qualcosa che viene prima dell’osservanza e della trasgres­sione, senza la quale né l’osservanza, né la trasgressione hanno il va­lore dell’autenticità. Ci sono momenti per osservare e momenti per trasgredire, perché nulla è assoluto; ma questo è vero soltanto se chi osserva o trasgredisce attinge alla vena profonda dove si origina l’imperativo morale, non come qualcosa di imposto, ma come esi­genza interiore del nostro essere somiglianza divina, figli del Padre. Nella vocazione a essere figli di Dio e sua somiglianza vivente l’uomo obbedisce e disobbedisce, perclté è libero della libertà che gli viene dal comunicare con Dio, fonte dell’imperativo morale. In quanto figlio anche l’uomo partecipa della fonte divina che origina l’imperativo morale. Libero, perché obbedisce a fondo; obbediente, perché incondizionatamente libero.

Nell’uomo in cui la libertà è radicata nell’obbedienza e l’obbe­dienza nella libertà, con estrema naturalezza convivono due atteg­giamenti che appaiono opposti, mentre scaturiscono dallo stesso principio vitale: la fortezza e la misericordia. È vasto in misericordia come il mare, perché sa che il bene vince sull’errore per forza sua e non esige alcuna forzatura da parte dell’uomo; è forte come la mon­tagna, perché non è disturbato da alcuna velleità. Chi è forte e mise­ricordioso comprende la saggezza che è nelle prescrizioni e osserva queste come espressioni di saggezza; ma sa anche quando la prescri­zione non comunica più con la saggezza e allora obbedisce alla sag­gezza trasgredendo la prescrizione. Dalla saggezza eterna vengono le norme, la conformità a esse e anche la loro trasgressione, perché nessuna tradizione o norma può esaurire la fonte della saggezza eterna. Anche le norme e i comandamenti devono essere accolti nella fede, e non fuori o sopra di essa. Nella fede tutto è relativo al bene ultimo già presente, ma sempre più grande. La legge morale non esi­ste fuori o sopra l’uomo; ma è parte del principio vitale del suo cam­mino. Solo camminando essa si evidenzia. Così, mentre tutti noi ci aspetteremmo che i novantanove giusti siano i primi santi del regno di Dio, essi sono gli ultimi. Il peccatore pentito passa loro avanti. Sì: perché lui ha vissuto la vita; i novantanove giusti l’hanno soltanto cu­stodita. La vita è più grande della legge morale! Se non lo fosse ci sa­rebbe da augurarsi che tutti perdano la vita durante l’innocenza in­fantile, prima dell’uso della ragione e del conseguente peccato.

Il Vangelo di oggi è rivoluzionario verso ogni forma di morali­smo; e proprio per questo è assai intransigente: ci richiede di vivere la vita non sotto la legge, ma nella fede, avendo come riferimento il cammino e non la sicurezza di non sbagliare. Questa visione di Cri­sto comunica profondamente con il buddismo più autentico. Lo za­zen è la pratica che educa a mollare ogni sicurezza predefinita, dai pensieri alle tradizioni. Così liberi da obbedire e così obbedienti da essere liberi! Il mondo moderno conosce solo la libertà superficiale del mi piace-non mi piace; ma ignora la libertà che è a monte e che rende liberi anche dal mi piace-non mi piace. Il Vangelo ce la indica con la parola e lo zazen ci dispone nel silenzio.

p.Luciano

  • IL COMANDAMENTO DI NON CONTAMINARE

Le parole di Gesù che oggi leggiamo, contengono uno dei suoi numerosi attacchi all’ipocrisia. Perché fra le tante colpe (o errori) che l’uomo commette quello contro cui più frequentemente Gesù si scaglia è l’ipocrisia? Che fa di così distorto l’ipocrita, da meritare l’ira di Gesù? Cominciamo, per comprendere, con uno studio della parola, che in questo caso può esserci di aiuto. Il significato primo di ipocrita in greco è risponditore. Viene dal sostantivo upokrisis che vuoI dire risposta. Quindi la parola assume il significato di interprete­ declamato re-atto re-simulato re: è colui che recita, che dà le risposte previste dal copione.

Cominciamo così a comprendere perché l’atteggiamento ipocrita è contrario al Vangelo. Non tanto perché l’ipocrita fa finta, quanto perché articola risposte preconfezionate: invece di rispondere volta per volta con freschezza alla situazione unica che la realtà offre, si trincera dietro alle risposte schematiche, alle formule di rito.

Il maestro Zen cinese Nangaku (677-744) andò a fare visita al se­sto patriarca, Daikan Eno (638-713). Questi gli chiese: “Che cosa èche viene qui così?». Nangaku non seppe che dire, ma non scordòpiù la domanda; si fermò a praticare per otto anni con il patriarca; poi un giorno gli disse: «Otto anni fa mi hai chiesto cosa è che è ve­nuto qui così, ora lo comprendo: se dico una cosa in particolare vado fuori strada». Il patriarca disse: «D’accordo: ma allora, la pratica e il risveglio esistono oppure no?». Nangaku rispose: «Non è giusto dire che non esistono pratica e risveglio, però non li do­vremmo contaminare»

Ecco, questo non contaminare è l’esatto opposto dell’ipocrisia. L’ipocrita è un contaminatore: sembra al contrario un modesto, che non dice nulla di suo ma si attiene alla tradizione, e invece così fa­cendo si nasconde e si maschera di fronte alla realtà, proprio quando dovrebbe spogliarsi. L’ipocrita è il sovvertitore, che finge di ade­guarsi, magari con gran pena, ma in realtà sta al comodo dietro la maschera perché non si mette in gioco. Così facendo adegua a sé la realtà, nello stesso momento in cui fa mostra di adeguarsi a essa. Ca­piamo allora quanto profondo, sottile, ramificato sia l’errore dell’ipocrita. Capiamo perché Gesù sia così preciso e severo nel met­tere in guardia contro l’ipocrisia. Nessuno è mai al sicuro contro questo errore, che anzi si fa più subdolo quanto più si diventa esperti di vita religiosa. E capiamo anche come mai le chiese, tutte le chiese di tutte le religioni, siano così tiepide nel mettere in guardia contro questo errore, che riguarda l’atteggiamento globale dell’uomo, men­tre sono così rigide e severe nel condannare tanti sbagli di comporta­mento specifico. Perché l’atteggiamento ipocrita è il fondamento di un certo tipo di potere, quel potere che si basa sulla sicurezza che proviene dal mettersi dalla parte di un’autorità che non nasce dall’e­sperienza di diretto personale rapporto con la verità, ma dalla codifi­cazione di un modo di detenere la verità.

Comprendiamo allora come siano legati i due discorsi dell’ipo­crisia e della contaminazione che viene dal cuore e non dall’esterno. La vera contaminazione non è nelle cose, non si appiccica dalle cose all’uomo, ma parte dal cuore umano, si posa sulle cose e torna all’uomo. Se così non fosse, se il male stesse fuori, se l’impurità en­trasse dall’esterno, non ci sarebbe possibilità di salvezza: su quale cima di monte l’aria è così rarefatta da non contenere impurità, che entrano in me con ogni respiro? Ma siccome è il mio cuore che con­tamina, sta a me svuotarlo, ripulirlo da dentro: in ogni momento posso ricominciare daccapo: qui risiede la speranza della salvezza.

Jiso

  • L’AMORE VERO È INTRANSIGENTE

«Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me»; «Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione». Gesù è verità e non lascia correre nulla, quando dà spiegazione ai suoi discepoli è molto fermo e dice: non è ciò che entra nell’uomo che rovina, ma ciò che esce dall’uomo rovina. Fornicazioni, invidia, calunnia, superbia, stoltezza, quanto male fanno queste cattiverie, uccidono più della spada e il male più grande è per chi pratica le cattiverie, perché vive senza pace e rovina la propria esistenza: si crea da se stesso l’inferno sulla terra.

Ne abbiamo prova ogni giorno di tutto il male orribile, provo­cato dalle cattive intenzioni. La parola di Dio è verità, camminare sulla via dell’amore è pace, grazia, gioia, lode, perdono, ringrazia­mento, oblazione, umiliazione, silenzio. Quante volte la preghiera più profonda e più vera è il silenzio, soprattutto per mantenere la pace con le persone che non sanno comprendere. È sempre il retto comportamento che aiuta a tenere alta la testa davanti al giudice, poiché è lui che scruta la profondità dei cuori. La preghiera è vita e salvezza, luce e fede nella verità che abita nella creazione. Il retto comportamento aiuta a camminare tra le spine senza pungersi, aiuta a camminare nel fango senza sporcarsi perché dona le ali all’anima. Quando poi uno si punge o si sporca, il retto comportamento è medi­care la ferita e lavare ciò che è lurido. Perché il retto comportamento non esiste per se stesso, ma per la salvezza dell’uomo. I farisei lo smarrirono, perché lo assolutizzarono. Gesù, morendo in croce e perdonando il peccato, lo restituì al mondo intero.

(L. P.)

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