Dom 1 Ott 2006 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Con Cristo oltre Cristo

Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i de­mòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei no­stri». Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi. Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare. Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestingui­bile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue»

* L’universalità del bene

Tutto il bene fatto in tutti i modi da tutte le persone in tutti i luo­ghi e situazioni è soltanto bene e l’uriico bene. Giovanni e gli altri apostoli erano irritati perché uno, che non era del loro gruppo, si permetteva di scacciare i demòni usando il nome di Gesù. Scacciare i demòni da una persona significa aiutarla a liberarsi dalle forze che la incatenano, affinché ritorni alla sua bellezza originaria. Gli apostoli avevano rimproverato quello sconosciuto che faceva uso del nome del loro maestro, forse lo avevano scomunicato, vietandogli di par­lare di Cristo e di fare del bene in suo nome. È la tentazione che prende ogni mestierante di religione che fa religione per secondi fini; ma anche ogni fanatico di qualsiasi religione, che non sa ancora che la religione è un mezzo e ciò che vale è il cuore religioso di ciascuno che è prima e oltre l’appartenenza a questa o a quella religione. Cri­sto li rimproverò severamente: «Chi non è contro di noi, è per noi». Si può appartenere alla stessa istituzione religiosa, ma di fatto essere separati e lontani, perché ciascuno è armato delle sue vedute come di una corazza. Si può invece appartenere a istituzioni e tradizioni religiose differenti, che a prima vista sembrano inconciliabili; oppure uno può dirsi religioso e l’altro ateo, ma di fatto intendersi subito nella visione della vita e nell’apertura al suo mistero.Altrove Gesù ha affermato: «Chi non è con me è contro di me; chi non raccoglie con me, disperde» (Mt 12,30). Con questa afferma­zione, a prima vista opposta, Cristo annuncia lo stesso o un altro Vangelo? Nel cammino religioso non c’è momento in cui ci si possa sedere, sentirsi a posto ed esclamare: «Sono arrivato!». Bisogna es­sere di Cristo senza mai codificare questo essere in un atteggiamento solo: c’è il momento per aprire la porta e c’è quello per chiuderla, al­trimenti non sarebbe più la porta che apre e chiude. Questo è essere di Cristo, liberi della sua libertà. Il cammino religioso nel Vangelo­Zen non è affatto diluire il Vangelo con lo Zen, o lo Zen con il Van­gelo, un reciproco cinquanta per cento. Sarebbe così facile! Ma an­che così scialbo! È invece una maggiore completezza e profondità, senza togliere né aggiungere, attraverso una profonda accoglienza incondizionata di Cristo e dello Zen. È cammino di fede. Com’è li­berante riconoscere lo Spirito che soffia dove vuole, nel credente e nell’ateo; dischiudersi al suo soffio e volare nel cielo! Pretendere di possedere lo Spirito è spegnerlo!

Se incontri un assetato, dagli un bicchiere d’acqua. Se glielo dai perché appartiene alla tua religione, lo dai ancora a te stesso. Ma se glielo dai soltanto perché ha sete, lo dai a Dio. Così, «se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nelle Geenna». Se il tuo occhio vedendo calcola, brama, si adira, spadroneggia: allora il tuo stesso vedere è scandalo. Bisogna pulire l’occhio fino alla limpidezza di vedere nell’altro solo il fratello. Bisogna spogliare se stesso, fino a divenire fratello di tutti. Meglio! Fino ad accorgerci che la nostra fi­sionomia originaria, quella libera e bella, è di essere esistenze sorelle tratte gratuitamente dal nulla!

p.Luciano

* La festa dell’outsider

L’esordio del Vangelo odierno è di grande consolazione per tutti coloro che, pur non appartenendo a pieno titolo alla Chiesa cristiana, sentono però che il Vangelo di Cristo li riguarda completamente. È di grande consolazione per tutti gli outsider che, pur sentendosi im­pediti a identificarsi nella definizione di cristiani, sentono però l’in­tima vicinanza di Gesù e sanno che il suo nome allontana i demòni. L’uso del nome di Gesù anche da parte di chi non si riconosce o non è riconosciuto cristiano non è vanagloria, se non è un alibi: chi non usa il suo nome come un paravento dietro il quale nascondersi, ma come una forza da attivare e a cui inchinarsi, è con lui, anche se non fa parte del suo circolo. «Chi non è contro di noi è per noi» è una pa­rola che infonde fiducia in chi crede che il cammino religioso sia una via aperta, un fiume in cui si mescolano mille rivoli e affluenti; quella parola è anche uno schiaffo salutare per chi invece ritiene che l’inte­gralismo, il fondamentalismo, l’esclusivismo che provengono dal sentimento dell’appartenenza e dalla pretesa dell’esclusione siano i segni della purezza di una fede.

È doveroso, a questo punto, citare un altro passo del Vangelo, che suona diametralmente opposto a questo che abbiamo appena letto: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12,30). Invito ad andare a leggere quel brano, nel contesto in cui si trova: credo risulti chiaro che la contraddizione in realtà non esiste, e che anzi i due brani si in­tegrino perfettamente a vicenda. Il me di chi non è con me è contro di me non è uguale al noi di chi non è contro di noi è per noi. Quel me indica chi è mosso dallo Spirito di Dio e lo muove, mentre il noi in­dica un gruppo particolare di persone. Se qualcuno è mosso dallo Spirito di Dio e, essendone mosso, lo muove, è per ciò stesso con Gesù e con i suoi, anche se non fa parte di un noi. Se invece qual­cuno, facente pur parte del noi, è mosso dalla propria visione perso­nale o dal proprio personale interesse, cui dà il nome di Spirito di Dio, costui non è con Gesù, anzi lo osteggia.

Il Vangelo prosegue con delle severissime ammonizioni. Con­trapposto alla ricompensa che riceverà chiunque accolga con un ge­sto di buona accoglienza i portatori della buona novella, c’è l’affer­mazione di una sanzione tremenda per chi dà scandalo. In questo contesto lo scandalo appare come un chiudere la porta invece di aprirla. Il Vangelo è infatti la buona notizia che c’è, a portata: un regno, una terra, una realtà in cui i demòni si allontanano, i fantasmi del male si dissolvono, il verme muore e il fuoco si estingue: chi non crede in questa buona notizia e a essa si oppone, parteggia invece per una realtà in cui il verme non muore e il fuoco non si estingue mai. Lo scandalo sta nel frastornare chi crede e quindi è piccolo: nel distornare dal credere che la buona notizia è veritiera.

Gli esempi usati da Gesù (la mano, il piede, l’occhio) indicano I che, nella vita così come nella Geenna si entra con il corpo: se si trattasse di realtà solo spirituali non avrebbe alcun senso parlare di monco, di zoppo, di orbo. La vita o la Geenna: sono le due possibi­lità che si presentano di fronte a noi, ora, volta per volta. Nell’uso di esempi duali (mani, piedi, occhi) è insita l’idea di scelta fra due pos­sibilità che sono in ciascuno di noi, perché all’udire il richiamo della buona notizia fa riscontro poi la nostra scelta di adesione o di rifiuto.

Perché ciascuno sarà salato con il fuoco. Buona cosa il sale: ma se il sale diventa senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi, e siate in pace gli uni con gli altri.

Il fuoco è strumento tanto di condanna quanto di purificazione: nello Zen si dice che la nostra pratica è come ingoiare una palla di fuoco, per dire qualcosa che ci consuma dal di dentro. San Paolo (Cor 3,15) dice che c’è chi si salva come attraverso il fuoco. Il fuoco brucia sempre, un fuoco che non brucia non è fuoco: bruciando ince­nerisce: il fuoco è, in fondo, il segno del perdono che si riceve.

Il sale, poi, è segno del sapore inconfondibile di ognuno, di ogni cosa. Entrare nella vita non vuoI dire spersonalizzarsi, ma anzi dare pienezza di gusto al proprio essere. Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri mi sembra una delle espressioni più belle per indicare la pienezza del rapporto maturo di ciascuno con se stesso e con gli altri.

jiso

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