Lun 12 Mar 2007 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Tempo di maturare

«In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei galilei fossero più peccatori di tutti i galilei, per aver subìto tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai».»

* Dio esige e attende

L‘interazione dei vari opposti che si intrecciano nella vita fa maturare le persone e le cose. Senza la reazione degli opposti non c’è processo di maturazione. Un frutto matura grazie agli stimoli del caldo e del freddo, del sole e della pioggia, della luce e dell’ombra. Nel cuore di Dio c’è la maturità perfetta: infatti vi coesistono in modo perfetto sia la severità più esigente, sia la pazienza più illimitata. Dio è severo ed esigente fino in fondo, proprio perché paziente e longanime senza limiti; è paziente e longanime senza limiti, proprio perché esigente fino in fondo.

Noi spesso ci comportiamo in modo non maturo, scegliendo ciò che alletta ed eliminiamo ciò che costa. Quando s’affaccia un problema, amiamo trastullarci nelle sue vicinanze, passeggiare nei suoi risvolti storici e sociali;ma abbiamo paura di stargli davanti e confrontarci fino in fondo. «Credete che quei galileifossero più peccatori di tutti i galilei,per aver subìto tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite,perirete tutti allo stesso modo». Davanti alla disgrazia noi esprimiamo condoglianze e abbondiamo in parole consolatorie, anche se sappiamo che non cambiano nulla. Forse in segreto ci attraversa anche un certo compiacimento che la disgrazia non sia toccata a noi, forse perché, pensiamo, siamo migliori degli altri.

Raggiriamo con l’astuzia i problemi, per cui non maturiamo mai. Non individuando la radice del problema, di conseguenza diventiamo accaniti su punti che non c’entrano, prendendocela con la vita, con gli altri, con Dio. Pretendiamo di migliorare noi stessi e proprio questa pretesa ci fa peggiorare. La stessa smania di diventare liberi ci può far perdere la libertà. Diciamo di voler diventare nuovi, ma non siamo disposti a dimenticare il vecchio. Vogliamo calcolare anche come convertirci; e ciò vanifica la nostra conversione. Il risultato è che ci convertiamo a parole senza convertirci realmente. «Se non vi convertite…»:finché non smettiamo di trastullarci con le nostre trovate e non entriamo per la porta stretta non c’è conversione.

«Padrone, lascialoancora quest’anno,finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire». Il Vangelo,mentre annuncia il messaggioche Dio è esigente, annuncia anche l’aspetto opposto: ossia che Dio è paziente e attende. Così risvegliadentro di noi il dinamismo degli opposti della vita. Lo stesso Cristo, che severamente ci ordina di convertirci, con pazienza ci protegge dal giudiziodi Dio e degli uomini, affinchépossiamo compiere il nostro camminodi conversione in modo sereno e fiducioso. Egli si frappone fra l’uomo e Dio Padre garantendo che farà di tutto affinché l’uomo si converta; se non quest’anno, l’anno prossimo: zappando attorno e mettendovi il concime. Questo è il modo di amare di Dio: esige che noi ci rinnoviamo e diventiamo veri; quindi impiega tutta la sua pazienza per attendere, senza mai sostituirsi a noi. Finché noi, attraverso il cammino della vita fatto di cose piacevoli e spiacevoli,siamo introdotti nella vera vita che è oltre gli opposti. Gli opposti ci sono per indicarla,come due sponde: è la via di mezzo insegnata nel buddismo; è la via dell’amore testimoniata dal Vangelo.

Dio è severo e paziente, affinché ciascuno di noi trovi la vera via che scorre tra la severità e la pazienza. Il caldo del giorno e il freddo della notte fanno maturare i frutti.

p.Luciano

* La legge e l’intercessione

I

l Vangelo odierno fa un gran bene all’uomo religioso che crede di mettersi al sicuro nascondendosi dietro alle teorie della sua religione. Fa bene sia al cristiano che al buddista, perché tocca un nervo che fa sussultare entrambi. Chi infatti sotto sotto non pensa che per il solo fatto di aderire a una fede gliene deve venire in cambio la salvezza che non tocca agli altri che da quella fede sono fuori? Chi scrive ricorda ancora un’omelia udita da ragazzino. Parole di fuoco, rivolte ai bambini che affollavano la messa delle dieci. Un attacco frontale a Voltaire: osceno esempio di uso distorto dell’intelletto cui Dio aveva riservato una brutta fine. Nessuno dei bambini aveva mai sentito parlare di Voltaire, e suppongo che il trattamento fosse concepito in guisa di vaccinazione preventiva contro il pensiero illuminista e anticlericale. Nel caso particolare, forse per un errato dosaggio nella somministrazione del vaccino, il risultato fu opposto: sicché oggi ricordo con gratitudine l’episodio, .come una spinta a compiere i primi passi lontano da ogni concezione vendicativa della religione.

In ambito buddista, il frequente richiamo al karma individuale alla legge di causalità ingenera non di rado una concezione arida e angusta della via religiosa, che spesso mortifica e vanifica il richiamo alla compassione universale. Chi è causa del suo mal pianga se stesso! Quante volte la fede nella legge della causalità si riduce alla meschinità di un buon senso dozzinale, che è sempre imparentato con l’egoismo!

Il Vangelo odierno ricorda a noi tutti (buddisti, cristiani, o quel che sia) due cose: la prima è che la legge di causa ed effetto, il karma, non è mai una vicenda individuale, ma è la trama dell’interdipendenza senza confini che connette fra loro tutte le singole cose (darma) che formano l’esistente. L’appartenenza a questa o quella Chiesa, a questa o quella confessione è assolutamente irrilevante di per sé e non costituisce il minimo baluardo a riparo della legge che informa tutta la realtà. «Credete che quei galilei fossero più peccatori di tutti i galilei, per aver subito tale sorte?… O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?». Dalla enunciazione della legge di causa ed effetto non deve derivare l’impulso a cercare un riparo per sé e il fraintendimen’to che il cammino religioso costituisca quel riparo, ma la consapevolezza che quella legge ci mette tutti sullo stesso piano, e fa sì che ognuno di noi sia corresponsabile di tutto il piano dell’esistenza. Il risultato sarà quello di buttar via ogni riparo, per sostenere tutti insieme e ciascuno per la parte che gli compete il peso di una legge che non esclude nulla e nessuno.

Ma c’è un’altra cosa che il Vangelo odierno ci insegna, che altrimenti sarebbe solo una fotocopia della legge, e non la buona novella che qualcosa si può fare per non soccombere al meccanicismo della legge e al fatalismo. «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Attenzione: la conversione non è vista come una scappatoia per non perire, inteso semplicemente come morire, ché in quel senso tutti periamo, ma a non perire allo stesso modo, sotto l’egida della fatalità della legge. L’episodio del vignaiolo, del fico e del padrone ci indica un altro modo: è possibile frapporre un intervallo fra gli anelli della catena, aprire una fessura nel meccanismo della legge che ci macina. Questa è la grande prerogativa dell’uomo cui anche Dio, visto qui come il Legislatore, si inchina. È possibile intercedere, aprire uno spazio, dilatare un vuoto che disconnette le maglie: con la preghiera, con lo zazen, noi possiamo allargare lo spazio e differire il tempo. E lì rigenerare le forze e modificare le cause: allora, quando tornerà il momento di fare i conti, tutto il quadro sarà mutato. Così si redime il mondo e si spuntano gli artigli alla legge.

jiso

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