Sab 16 Feb 2008 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Riprendiamo la pubblicazione del Vangelo della settimana con la traduzione del commento disponibile nella versione giapponese (2月17日2008年-四旬節第2日曜日) in queste pagine (è necessario il supporto per le lingue orientali per il vostro sistema operativo).

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

* Commento

La prima quaresima ci invita a meditare il vangelo di Gesù che con forza lotta contro la tentazione nel deserto; la seconda domenica – questa – ci propone di contemplare la scena di Gesù che, alcune settimane prima della sua morte, salì sulla montagna e si trasfigurò davanti ai suoi discepoli. La figura austera di Gesù che lotta col maligno dà inizio all’annuncio del Vangelo, mentre quella del suo corpo che risplende conclude lo stesso annuncio.

Dopo la trasfigurazione sulla montagna, Gesù scese a valle e si incamminò verso Gerusalemme dove l’attendeva la condanna alla croce. Camminava verso la morte, ma proprio quel corpo che sarebbe stato offerto sulla croce lasciò trasparire lo splendore che custodiva dentro di sé, appunto si trasfigurò, a conforto suo e degli apostoli. Proprio quel corpo che era stato travagliato dalle vicende umane e consumato dal suo incessante prodigarsi. Chi di noi ha assistito alla morte di un suo genitore, conserva indelebile nella memoria l’esperienza della luce pacata che sprigionava dal volto del caro morente. Luce pacata, ma fortemente espressiva della santità del cuore di un genitore che muore assistito dai figli. E’ un raggio di trasfigurazione, in cui sono proprio i sacrifici della vita che emanano e diffondono attorno la luce.

Ai lati di Gesù, è detto, apparvero Mosè ed Elia. Mosè rappresenta la legge, la morale, la tradizione di un popolo; Elia rappresenta il culto, lo zelo e l’appartenenza religiosa. Orbene, sia la legge sia il culto chinano il capo a Gesù che fra pochi giorni sarà condannato a morte come trasgressore della legge, proprio dai sacerdoti custodi del culto del tempio. Gesù non è legislatore, né prete del tempio. E’ uomo, cammino, lavoro, uno nella folla. E’ l’inquisito dai sommi sacerdoti e a giorni il morituro. Lo splendore che emanava dal corpo del morituro si espandeva su Mosè e sulla legge, su Elia e sul culto, sui discepoli, sugli alberi della montagna. “La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità venero per mezzo di Gesù cristo” (Gv 1,17). Seguono il Cristo coloro che non si limitano all’osservanza delle prescrizioni religiose, ma vivono nella grazia. Vivere nella grazia è redimere il peccato nel perdono e, ritornati all’origine, camminare assieme la via dell’amore nella gioia. “Non pensiate che io sia venuto ad abolire; ma a portare a compimento” (Matteo 5,17).

Il compimento dell’esistenza è riversare amore sull’esistenza. “Dalla sua pienezza tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” (Gv 1,16). Il mondo straripa di leggi, di doveri, di concorrenza; il Vangelo è su di essi versare la grazia. E’ la grazia che scaturisce dal sapere nella fede che siamo amati, che anche le stelle del cielo ci sono unite in una provvidenza universale animata dall’amore divino. Per immaginarci quanto tutto cambi con l’amore, osserviamo una coppia di sposi che osserva la fedeltà matrimoniale solo per dovere etico; e un’altra che l’osserva nell’afflato dell’amore che sgorga dal proprio cuore.

Una voce dal cielo disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». Non disse: E’ colui che invio per legiferare, per giudicare; ma “è il Figlio mio prediletto”. Al prediletto ci si accosta con dilezione e con diletto. Il popolo giapponese dagli albori della sua storia, secondo l’insegnamento di Confucio, ha avuto molta cura delle virtù morali e dei comportamenti sociali. Orbene, la mia preghiera è che, accostandosi al Vangelo, riceva “grazia su grazia”.

p.Luciano

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