Sab 23 Apr 2011 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Una santa e gioiosa Pasqua a tutti.

Un velo di pudore avvolse la risurrezione di Gesù. Al sorgere del sole il sepolcro si aprì, ma nessuno vide quella scena. Qualche ora dopo le donne andarono a portarvi un vaso di fiori e un angelo disse loro che egli è risorto e le incaricò di portarne la notizia ai discepoli. Ma lui non lo videro. Secondo Marco, il Vangelo più antico, “esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura”. Secondo Matteo invece, “abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e grande gioia le donne corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli”. Anche secondo Luca le donne “annunziarono tutto questo agli undici (discepoli) e a tutti gli altri”. Ma “Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse”. Giovanni nel suo Vangelo non accenna a nessun angelo né alle donne, ma dice soltanto che Maria di Magdala, la prostituta convertita, si recò da sola al sepolcro. Maria di Magdala lo riconobbe risuscitato, soltanto quando si sentì chiamare per nome.

Mentre la descrizione della passione di Gesù nei quattro Vangeli è fondamentalmente concorde, il racconto della risurrezione è discorde, anzi contraddittorio. Chiaramente la risurrezione non è un avvenimento che una macchina fotografica può fotografare come invece fu la crocefissione di Gesù. La risurrezione si dà soltanto quando si apre l’occhio della fede e la si vede soltanto con questo occhio. Ossia, l’esperienza della risurrezione passa attraverso due momenti: 1) accade qualcosa che colpisce l’occhio fisico dell’uomo. Nel Vangelo è la tomba trovata vuota. Fin qui anche la macchina fotografica avrebbe funzionato. Fin qui tutte e quattro le cronache evangeliche concordano. 2) Poi, dopo una pausa silenziosa di interiorizzazione accompagnata o dallo spavento o dall’ammirazione – sentimenti opposti che però si richiamano e si altercano -, ciò che l’occhio fisico ha visto scuote e urge l’occhio della fede, forse sonnolente o scoraggiato come quello degli apostoli. L’occhio della fede, apertosi, vede la risurrezione. Ma non ha parole adatte per dirlo, se non tramite la parabola che per sua natura coinvolge l’occhio della fede. Quindi non avverrà mai che si ponga nella storia un fatto che meccanicamente testimoni la risurrezione, dispensando l’occhio della fede dal fare la sua parte. Ci fa meraviglia che già i primi cristiani di Corinto, discepoli nientemeno che dall’apostolo Paolo, a pochi anni dalle vicende storiche di Gesù già dubitassero della risurrezione. “Qualcuno dirà: Come risuscitano i morti? … Stolto! Ciò che semini non prende vita, se prima non muore…”.

La risurrezione di Cristo, quindi, si attua attraverso la risurrezione di ciascuno di noi e la propria risurrezione ne è la testimonianza vera. E’ opera di Dio ed è conversione di ciascuno di noi. Un po’ come la luce del sole che, battendo sugli innumerevoli corpi opachi che la intercettano, si riflette in una miriade di colori e tonalità. La risurrezione è proprio il riflesso combinato della grazia e dell’esperienza umana. Interessante è l’esperienza umana del discepolo Giovanni. Credette da un semplicissimo segno. Accorso con Pietro al sepolcro, vide “le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte”. Giovanni, a quella vista, “vide e credette”. La cura attenta delle cose dispose Giovanni a vedere la risurrezione. Un disordinato non avrebbe visto nulla. Dicono che prima di morire un po’ tutti gli uomini vedono la risurrezione. Ossia, la fedeltà della vita con i sacrifici che ha comportato, dischiudono l’occhio della fede a vedere la risurrezione. Mi riferiscono che l’immensa calamità del terremoto, dello tsunami e soprattutto del generatore nucleare di Fukushima, sta aprendo l’occhio del popolo giapponese a una vera risurrezione. Attentissimi i giapponesi, come Giovanni, all’ordine temporale delle cose, ora l’immensa calamità subita sta schiudendo in loro l’occhio della fede a vedere l’ordine risorto di uno stile di vita più sobrio, più solidale, più pregno di quella povertà che il Vangelo dichiara beata. Nessuna macchina fotografica può fotografare la risurrezione; ma la fedeltà in alcuni valori temporali, protratta al limite di quanto è possibile all’uomo storico, da quel confine urge l’occhio della fede che, risvegliato da qualcosa che accade, può scrutare la risurrezione. Del resto anche la madre Natura, quando il seme sotto terra è morto del tutto, inizia germogliazione della nuova spiga. Il lavorio duro e costante di migliaia dio scalpellini protratto per 501 anni, morti senza vedere alcun risultato, ha germogliato il duomo di Milano.

Grazie!

Vittorio Arrigoni, grazie, per il tuo essere andato fino in fondo nel prodigarti per la liberazione del popolo palestinese.

Dicci: da quel patibolo, l’hai vista l’alba della libertà? La creano insieme Dio e il tuo sacrificio e il sacrificio di tanti altri che credono fino al punto di far risorgere col proprio sacrificio ciò che credono.

 

Benigno Zaccagnini, grazie! In questi giorni ho incontrato tua nipote e abbiamo parlato della tua testimonianza sociale e politica. Dipendeva da te, ma tu non hai ceduto ai compromessi politici per salvare la vita di Aldo Moro. Per te un politico deve essere fedele ed integro fino in fondo. Mi ricordo quando io, entrato come turista in una chiesetta romanica sperduta nella campagna ravennate, tu stavi pregando solo e immobile. Dopo una ventina di minuti io osai disturbarti e salutarti e tu ricambiasti con poche parole. Conoscevo bene tuo fratello prete, morto alcuni anni fa; era venuto da me con altri sacerdoti per una settimana di ritiro. Solo alla fine per caso seppi che era fratello del deputato presidente della Democrazia Cristiana. In seguito andai a trovarlo nella sua parrocchia di campagna, a Godo, Ravenna. Nella canonica aveva accolto alcuni anziani rimasti soli e viveva con loro in allegra compagnia. Dimmi: quando pregavi in silenzio, hai visto la sponda della risurrezione di una politica integra e rispettosa per la nostra Italia? Quella sponda è ancora lontana?

Nell’altro allegato la preghiera del gruppo di giovani che nei 6 martedì di quaresima è venuto alla Villa Vangelo e Zen per un’ora di pratica prima di recarsi all’Università o al lavoro. E anche alcune foto della funzione delle palme di domenica scorsa nel giardino della Villa Vangelo e Zen.

p. Luciano

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