lettera
Vangelo e Zen
Nel lungo Vangelo di oggi mi colpiscono alcuni comportamenti e parole di Gesù. 1) Agli apostoli che esaltavano compiaciuti la magnificenza delle mura e del tempio di Gerusalemme, Gesù afferma: “Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta”. Gesù ha evidente che tutto è caduco, compresi i templi costruiti a gloria di Dio. Anche delle chiese e delle basiliche non rimarrà pietra su pietra, compresa la magnifica basilica di San Pietro. 2) Gesù predice schiettamente che la storia umana sarà piena di guerre prodotte dagli uomini e di cataclismi prodotti dalla natura. Quando ciò che accadrà, raccomanda: “Ma voi badate a voi stessi”. Quando saremo contrariati e condotti davanti ai giudici della terra, allora “Non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare ma lo Spirito Santo”. Gesù ci dice chiaramente che la salvezza viene dalla fede che ci tiene forti nel bel mezzo delle avversità. Per Gesù le avversità sono pane quotidiano, come le bufere per i cedri della montagna. Sono normalità, perché per Gesù l’uomo normale è quello forte. Tuttavia, o forse proprio grazie a questa visione forte della vita, Gesù ha dei tocchi di squisita delicatezza. Nell’enunciare le tribolazioni della storia, ha un accenno molto delicato per le donne incinte che, nella ricerca di un riparo, dovranno forse rifugiarsi in una capanna lungo la strada, oppure attraversare il mare sui barconi. Ovviamente era a conoscenza della tribolazione di sua madre, quando era incinta di lui e le fu rifiutato l’accesso all’albergo. L’umanità di Gesù è splendida, se non la si soffoca con la teologia della divinità, che riduce la sua umanità a qualcosa di accessorio e, forse, solo di strumentale. Infatti, non pochi riducono l’umanità di Gesù a uno stratagemma a cui Dio si è dovuto sottomettere per raggiungere gli uomini. Uno dei primi cristiani, l’autore della Lettera agli Ebrei, credeva che la natura divina che è in Gesù era stata resa perfetta dalla sua natura umana, in particolare dal destino al patire che la natura umana comporta. Scrisse: “Pur essendo figlio (di Dio), imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza” (Eb 5,8). Non poche volte il battezzato, in particolare, il ministro della Chiesa, preferisce assolutizzare la natura divina di Gesù al punto di vanificare quella umana, perché un Cristo assolutizzato come Dio è più proficuo per difendere i propri assoluti teologici.
E’ la bramosia di certezze che mette in atto nell’uomo la ricerca degli assoluti. La fede, invece, regala a chi crede il mistico piacere di esistere in ciò che è sempre più grande di quanto conosce e vede, come l’uccello libero di bosco si gusta di volare negli spazi che sono sempre più spaziosi del suo volo. Per questo, nel Vangelo di oggi, Gesù ci annuncia che tutte le nostre costruzioni passeranno, compresi i nostri luoghi di culto. Forse le sciagure umane e naturali sono proprio la conseguenza delle nostre assolutizzazioni. Lo furono senz’altro le guerre di religione, dove due devozioni di Dio assolutizzate hanno contrapposto due schiere umane che adoravano lo stesso Dio. Uno degli aspetti più lugubri delle religioni è il dogmatismo: lugubri perché rendono l’esistenza lugubre. Il dogmatismo è la religione senza il palpito della fede. Allora gli uomini di religione, senza il palpito della fede, scavalcano l’ambito della religione e si mettono a fare affari negli ambiti della cultura e della politica. Questa tentazione è vivissima nella nostra Italia, dove la religione diventa il crocefisso nelle scuole e nei luoghi pubblici. Alcuni pronosticano la rinascita di un partito politico gettonato con l’aggettivo “cristiano”. “Non resterà pietra su pietra… Voi badate a voi stessi … Non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare ma lo Spirito Santo”.
La fede rende agile il pellegrinaggio dell’esistenza, non ostante le tribolazioni che circondano da tutte le parti. L’ottantaduenne mamma di Michiyo, giornalista giapponese residente a Milano, approdò a Malpensa domenica scorsa. Voleva trascorrere in Italia due settimane per fare coraggio alla figlia che vive in terra straniera e in cambio beneficiare di quella fine felicità che i genitori assaporano quando fanno visita ai figli che vivono lontano. La signora Yukiko – nome della mamma – mi aveva comunicato il desiderio di partecipare, questa domenica (13 novembre), alla messa nella nostra cappella. Mercoledì sul mezzogiorno mamma Yukiko si accosciò sul pavimento nella casa della figlia Michiyo. Subito accorsero dal Pronto Soccorso, ma in pochi minuti, abbracciata dalla figlia, volò nell’eternità. Subito avvisato, ho potuto ungere con l’olio santo la fronte, i sensi, le mani e i piedi del corpo ancora caldo di questa donna che ha amato molto la vita, al punto da poter accogliere la morte come una “sorella”. La morte che accade durante il viaggio, in terra straniera, può sembrare un avvenimento che scompagina l’esistenza. Invece nell’appartamento di Michiyo in questi giorni si respirava una calma dignitosa, una calma lieve. Una donna che ha fede ovunque può morire in pace, perché non ha vissuto nelle pareti anguste di nulla assolutizzato. Tutto era come lo Spirito Santo suggerisce giorno dopo giorno. La mente mi ricorda una donna straordinaria, Francesca Cabrini; straordinaria proprio perché viveva con il cuore l’ordinario dell’esistenza. Fu l’angelo consolatore di molti italiani emigrati in Usa, quando l’essere immigrato italiano in quelle terre significava, oltre al lavoro pesante, discriminazione etnica.
Domenica 13 novembre celebreremo la santa messa domenicale pregando la pace eterna per mamma Yukiko.
Sono consapevole che questa lettera eccede in lunghezza, non ostante il ferreo proposito di essere breve. Forse così è accaduto anche perché oggi, sabato, per la prima volta in questi due anni da quando abbiamo aperto la Villa Vangelo e Zen, non è venuto nessuno al ritiro. Sabato scorso eravamo una quindicina. So che sarebbe stato ancora più lieve nello Spirito che io non avessi sentito il bisogno di farne accenno, perché come c’è un sabato così, pure c’è un sabato cosà. Il bonsai di ginkgo curato da Alessio trattiene ancora alcune foglie, mentre le altre fanno coltre sul terreno. Potessimo anche noi cadere lievi come le foglie di ginkgo! La via c’è; vivere lievi, lasciandosi dire dallo Spirito quando vivere e quando morire.
Il mondo politico italiano, e noi popolo italiano assieme, sta compiendo un passaggio storico. Capisco la pesantezza che incatena, quando si deve fare uno o molto più passi indietro. Solo il mistico sa fare i passi indietro con lievità, perché non ha assolutizzato l’andare avanti. Beati anche noi, se pur appartenendo o non appartenendo a destra o a sinistra, in questo momento sappiamo pregare per ciò che né la destra né la sinistra può possedere, perché se è posseduta da una qualunque parte non è più quella: la libertà di ascoltare lo Spirito. Che possano, i nostri politici, in questo momento delicatissimo della nostra nazione, dimenticarsi delle loro appartenenze e ricordarsi del bene di tutti.
p. Luciano
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