Sab 3 Nov 2012 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

In morte episcopi Caroli

La morte di un Arcivescovo, nella storia della Chiesa milanese e della sua Cattedrale, è sempre stata un avvenimento doloroso, carico di ripercussioni che risuonano stabilmente nel cuore degli ambrosiani e coinvolgono, non solo emotivamente, tutta l’arcidiocesi. Avevo diciannove anni quando morì il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster e, a distanza di anni, ricordo quei giorni di fine agosto del 1954, caratterizzati da profonde risonanze interiori in un momento importante della mia vita, quando – concluso il Liceo classico – decisi di entrare nel Seminario teologico.

L’attuale legislazione, che chiede ai Vescovi di rimettere il proprio mandato al compimento del settancinquesimo anno, rischia di far dimenticare l’Arcivescovo emerito. Questo non è avvenuto per il cardinale Carlo Maria Martini. La lunga veglia funebre in Duomo e i solenni funerali sono stati eventi della Chiesa ambrosiana, non solo da consegnare alla storia, ma da affidare alla memoria di ciascuno, quale stimolo per una vita evangelica vissuta nella concretezza del momento presente.

Il cardinale Angelo Scola, nostro attuale Arcivescovo, ha guidato con saggezza i giorni in cui il mondo, attraverso i media, ha seguito il lutto per la morte del suo Predecessore, vissuto con commozione sincera da tutto un popolo. Lo ringraziamo sentitamente non solo per quei momenti, ma anche per questo primo anno del suo ministero. Noi ambrosiani, infatti, siamo un po’ esigenti con i nostri Arcivescovi e ci attendiamo che le loro caratteristiche personali si fondano con la figura dell’Archiepiscopus mediolanensis, Vicarius Ambrosius, radice della spiritualità ambrosiana.

Vivendo quei giorni in Duomo, anche in qualità del mio ministero di Arciprete, sono stato testimone di molti fatti e molte testimonianze, che mi hanno commosso ed edificato. In particolare, non posso dimenticare la serata di domenica 2 settembre. Per circa due ore, a partire dalle 22.00, mentre continuava il flusso delle persone, le loro identità si diversificavano: molti giovani infatti, in abbigliamenti non molto ricercati, con il casco della motocicletta in mano, si avvicinavano alla salma del cardinale Martini. Altri cercavano un sacerdote con cui esprimere un pensiero: una coppia mi chiese di benedirli, perché il loro amore non conoscesse tramonto; una signora disabile mi fermò per dirmi «quest’uomo mi ha insegnato a vivere»; un uomo espresse il suo desiderio di recitare il Padre nostro, invitandomi a unirmi a lui nella preghiera, perché non ne conosceva tutte le parole…
Dell’arcivescovo Carlo Maria sono stato Vicario episcopale, dopo aver adempiuto, per circa tre anni al compito di segretario del Sinodo xlvii. Ho quindi avuto modo di conoscerlo da vicino e di godere di una sobria ed essenziale amicizia. Fin dall’inizio, mi stupiva la fiducia che poneva nei suoi collaboratori, a tal punto che per ogni questione, inerente il mio ministero, che avevo il dovere di sottoporgli, ero da lui sempre invitato a offrire anche un mio orientamento o addirittura una mia soluzione. Ciò che però mi ha colpito maggiormente era il suo spirito di preghiera. Nei viaggi ecumenici e in altre occasioni in cui ho avuto la fortuna di accompagnarlo, lo “sorprendevo” in Cappella, di primo mattino, immobile, con gli occhi chiusi, in preghiera intensa e prolungata. Ne parlai un giorno con un suo stretto collaboratore, che confermava come questo primo momento di preghiera costituisse la “forza” per l’intera giornata dell’Arcivescovo.

Vivremo l’Anno della fede, indetto da papa Benedetto xvi e presentato autorevolmente dal nostro Arcivescovo con la Lettera pastorale Alla scoperta del Dio vicino, con la guida del nostro attuale Pastore. I vescovi che lo hanno preceduto – come i beati Andrea Carlo Ferrari e Alfredo Ildefonso Schuster; il cardinale Giovanni Battista Montini, poi Paolo vi; il cardinale Giovanni Colombo, di cui ricordiamo il 20° anniversario della morte e il 50° della nomina ad Arcivescovo di Milano, e lo stesso cardinale Carlo Maria Martini – siano da noi ritenuti maestri autorevoli nel nostro cammino di fede, in un contesto ecclesiale e civile non certamente facile.

mons. Luigi Manganini
Arciprete

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