Gio 5 Set 2013 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Tsukubai-largeLo TSUKUBAI è un elemento assolutamente importante nei templi shintoisti e nelle pagode buddiste del Giappone. Oltre gli edifici prettamente sacri, lo tsukubai adorna molti giardini di istituzioni civili, di scuole della cerimonia del tè, e di case private, quasi espressione di una sensibilità religiosa innata, che prescinde da qualunque appartenenza religiosa. Il giapponese, vivendo su isole circondate dall’Oceano Pacifico, visitate stagionalmente dai monsoni, grandi portatori di piogge, ha sviluppato un rapporto di venerazione e insieme di intesa familiarità con l’acqua. L’acqua è grazia; lo tsukubai ne è l’altare.

Lo tsukubai generalmente viene ricavato da un blocco di granito o di porfido, scalfendo al centro della superficie superiore un incavo per accogliervi l’acqua. Questa generalmente scorre in una una canaletta di bambù e si versa nell’incavo dello tsukubai con un lieve scroscio che rallegra l’ambiente attorno. L’acqua preferibilmente è sorgiva. Sovente lo tsukubai è ricoperto da una semplice tettoia, mentre attorno è circondato dalla natura.

Lo tsukubai è il primo luogo sacro a cui il pellegrino accede appena varca la soglia del recinto del tempio. Si direbbe, è la prima stazione del suo pellegrinaggio. Deposti eventuali oggetti che ha tra le mani, il pellegrino con la mano destra prende lo hishaku, un lungo mescolo di bambù che trova reclinato sulla parete asciutta dello tsukubai. Con esso attinge l’acqua corrente che versa sulla mano sinistra, purificandola. Quindi passa lo hishaku alla mano sinistra, attinge di nuovo l’acqua corrente e la versa sulla mano destra, purificandola. Di nuovo con la mano destra attinge l’acqua che versa nella mano sinistra appena purificata, racchiusa in forma di tazza. Accosta la bocca alla mano e sorseggia, purificando l’interiore del corpo. Se necessario, risciacqua lo hishaku e lo ripone con la cavità reclinata sulla superficie dello tsukubai, a disposizione del pellegrino che segue.

Sugli esemplari di tsukubai più venerati, ai quattro lati dell’incavo che raccoglie l’acqua sorgiva stanno incisi quattro ideogrammi qui sotto riportati.

tsukubai

La cavità dello tsukubai è parte integrante dei quattro ideogrammi. Infatti, con la sua forma quadrata riproduce l’ideogramma di bocca, che è radicale comune dei quattro ideogrammi.

L’ideogramma di bocca è . I quattro ideogrammi hanno la radicale di bocca in posti differenti: il primo l’ha sotto, il secondo a sinistra, il terzo sopra, il quarto a destra, in modo che nel disegno le quattro bocche si sovrappongono in una sola bocca. Ciò non è a caso, ma indica l’insegnamento dello tsukubai.

I quattro ideogrammi, di cui si riporta la lettura attuale, sono:

  • ware, significa: io

  • tada, significa: proprio – così com’è

  • ashi, significa: piede – misurare – essere colmo

  • shiru, significa: conoscere – sapere

La frase ottenuta è ware tada taru (wo) shiru. In italiano: io conosco l’essere colmo, essendo così come sono. Lo tsukubai è sempre colmo, perché continuamente riceve e quindi tutto lascia fluire. Il tempio, la cerimonia del tè, il giardino di sabbia, il boschetto di bambù, la gente che accorre a purificarsi e a pregare, tutto dice l’essere colmi nella fluidità delle cose che scorrono e cambiano. Tutto celebra l’essere presente e partecipe, pur senza attaccarsi a nulla, ma lasciando ogni cosa e ogni avvenimento fluire secondo la legge dell’impermanenza, così come l’acqua dalla canaletta di bambù si versa con un lieve scroscio nell’incavo della pietra. La fluidità dell’acqua e la solidità della roccia: lo tsukubai.

Nella tradizione cattolica, l’elemento che maggiormente comunica con lo tsukubai è il fonte battesimale, soprattutto se scavato nella viva roccia come nel battistero della basilica dei Santi Pietro e Paolo di Agliate (Brianza), dove l’acqua battesimale scaturisce dalla roccia stessa. In Giappone non poche chiese cattoliche hanno adottato lo tsukubai come acquasantiera. Contemplando la bellezza funzionale dello tsukubai e del battistero scavato nella roccia, sorge spontanea l’augurio, anzi la preghiera, che sia restituita alla liturgia battesimale e alla funzione dell’acquasantiera che ne è la memoria, la naturalezza della scena di Gesù che scese nel Giordano, tenuto per mano da Giovanni, e si immerse nella corrente del fiume. Allora, dal cielo si udì una voce: “Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3,17).

p. Luciano Mazzocchi sx

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