Sab 7 Nov 2009 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

lettera

Vangelo e Zen

8 Novembre

Vangelo secondo Luca 23,36/43

“Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

È questo il Vangelo che viene letto nella messa di questa domenica, ultima di quest’anno liturgico. Siccome conclude il cammino spirituale di un anno, è dedicata alla regalità di Cristo, ed è detta “Domenica di Cristo re”. Il cammino spirituale è appunto il viaggio che l’uomo intraprende per maturare la regalità dell’esistenza, sua e universale. Ogni religione offre la sua comprensione della regalità e indica il cammino adatto per raggiungerla. Gesù manifestò la sua regalità sul trono della croce.

E’, infatti, il momento della morte in cui la regalità di una persona si manifesta. Chi di noi ricorda la morte di un genitore o di una persona molto cara lo sa per esperienza. Quando tutto è tolto, quando tutto finisce, ciò che rimane e non muore è la regalità di quella persona. Gesù, privato di tutto, nudo, schernito, abbandonato dai discepoli, conservò intatta la sua regalità; anzi, questa si mostrò con evidenza: il cuore del perdono. Niente miracoli, niente discorsi, niente riti; solo il testamento del perdono. “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”, pregò. Poche ore prima, all’ultima cena, aveva detto di sé: Sono pane, mangiatemi. Sono vino, bevetemi per la remissione dei peccati. Si era immedesimato con il Vangelo del perdono. Per lui, l’esperienza del perdono ricevuto e dato introduce nella qualità più matura, vera e gioiosa dell’esistenza. Introduce nella capacità di amare gratuitamente, semplicemente come evoluzione dell’amore ricevuto. Amare, senza fare dell’amore una merce per accrescere i propri meriti e raggiungere il proprio premio. Amare senza alzare alcuna polvere di vanto. Per Gesù, la natura dell’uomo è la gratuità, è la figliolanza divina. Gesù crebbe a questa regalità nel tempo, come dice il Vangelo: “Cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Luca 2,52). Crebbe a una maturità più vera della stessa natura divina, perché la benevolenza appresa attraverso le prove è più nobile della natura divina. Dio e uomo divenne il Cristo. “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza” (Lettera agli Ebrei 5,8-9).

I discepoli poterono comprendere la regalità di Gesù nel perdono, soltanto sperimentando la sua morte e risurrezione. Avevano creduto nel Cristo a mo’ della mente umana: colui che non muore e manifesta la sua regalità nel fare miracoli. “Non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti” (Giovanni 20,9). Anche noi battezzati fatichiamo a riconoscere la regalità testimoniata dall’uomo nudo in croce. Sì, perché fatichiamo a denudare noi stessi dai privilegi e riconoscere la nostra nobiltà nel fare comunione; fatichiamo nel porre la nostra dimora nel Sé che è il “non vivere per sé”, come testimonia Paolo. Fatichiamo nel comprendere l’esistenza “per – dono”.

“Deus intimior, Christus intimissimus! Sì, perché il Cristo raccoglie di me anche il peccato. Anzi, la mia condizione di peccatore che mi allontana da Dio, proprio questa invece mi avvicina a Cristo” (Delle onde e del mare pag. 303).

  • Corollario

Il Vangelo di questa domenica richiama la sentenza della Corte europea che ha proibito il crocefisso nelle scuole. Subito affermo che la questione mi tocca molto poco, nel senso che tra il crocefisso sui muri delle scuole e quello della vita testimoniato dal Vangelo passa un’enorme distanza, a meno che il crocefisso sui muri della scuola abbia cambiato la direzione della vita a qualche professore o studente, per esempio abbia trasformato i sentimenti di razzismo in sentimenti di fraternità, o abbia convertito la tentazione alla droga in gioioso spirito di impegno. Il crocefisso che non cambia la vita non ha rapporto con quello del Vangelo.

Sento insulsa e disonorante la reclamata separazione nei comportamenti di una persona in privato e in pubblico, come se un uomo possa essere frivolo nel privato e serio nel pubblico. Ci fosse, sarebbe una persona schizofrenica e falsa in ambedue gli ambiti. In ogni uomo scorre un solo flusso di energia che anima la sua vita spirituale, sociale, artistica. L’aver declassato la religione a materia facoltativa e confessionale è stato una scelta miope. Chi, oggi, può comprendere un islamico ignorando il suo tipo di religiosità? Oppure un orientale, o un sudamericano? E chi può comprendere la storia di questa Italia, ignorando la religione cattolica? L’ora di religione deve essere fondamentale per tutti e gestita dalla scuola come le altre materie importanti.

E’ questa ora di religione fatta con serietà la vera sede della religione nelle scuole. Il crocefisso sui muri è arcisecondario; se poi fosse inteso al posto dell’obbligatorietà dell’ora di religione, è nocivo. In politica ogni favore alla religione (qualora un crocefisso sui muri fosse da ritenersi religione) è pericoloso! Timeo Danaos etiam dona ferentes! A Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio (parole di Gesù), non perché i due ambiti siano indifferenti l’un all’altro, ma perché sono differenti i punti da cui si vede. La politica fa consistere nel tempo; la religione scioglie le consistenze temporanee nell’eterno. L’ambiente dove queste due attività si incontrano o anche si scontrano non sono né i palazzi né i templi, ma la coscienza delle persone. Personalmente chiedo al politico di darmi schietta la res politica, e alla religione pura la res religiosa. Chiedo che non me le pasticcino e che lascino alla mia coscienza di discernere e integrare, consapevole che la natura della res politica è temporanea e circoscritta, quella della res religiosa è eterna e universale.

Si parla delle radici cristiane dell’Europa. Certamente la fede cristiana nei popoli europei è stata fonte di energia: non è possibile comprendere il crollo del comunismo polacco senza l’apporto della religione cattolica. Tuttavia l’espressione “radici cristiane dell’Europa” – anche nella bocca di papa Giovanni Paolo II – in me missionario risuona come un declassamento del Vangelo da messaggio religioso, quindi universale, in messaggio culturale, quindi locale. Infatti, ne conseguirebbe che io, missionario, annunciando in Giappone il Vangelo vi ho trapiantato le radici europee. No! Il Vangelo non si identifica con nessuna radice; ma, come Vangelo, le irrora tutte.

p.Luciano
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