Gio 20 Mag 2010 Scritto da Pierinux 2 COMMENTI

lettera

Vangelo e Zen

16 e 23 maggio 2010

Vangelo secondo Luca 24, 44-52

36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37 Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. 44 Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45 Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: 46 «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47 e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni. 49 E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». 50 Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51 Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. 52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53 e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

  • la conversione e il perdono

Alla morte di una persona cara spesso si dà un fenomeno particolare: per vari giorni sentiamo il “caro defunto” ancora vivo, ci pare di incontrarlo aprendo la porta della sua stanza, oppure lo si chiama ad alta voce perché il pranzo è pronto. Alla morte di Gesù per quaranta giorni i discepoli sperimentarono la sua presenza viva, ne sentirono la voce, con lui parlarono e perfino gli offrirono un pesce arrostito come cibo. Ma non era più il Gesù storico, ma quello della nuova dimensione della risurrezione, che solo chi aveva la radice della fede poteva incontrare. Infatti Gesù stesso lo rimarca dicendo: “Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi…”. Non era più il tempo “… quando ero con voi…”, ma il nuovo tempo della risurrezione. E’ importante distinguere i vari modi del tempo, altrimenti possiamo fare la grande confusione delle apparizioni della Madonna qua e là, come fossero esperienze storiche, anziché di fede, oppure, forse per la maggior parte dei casi, semplicemente psichiche. Al quarantesimo giorno Gesù fu assunto in cielo e gli angeli rimproverarono gli apostoli perché stavano con gli occhi incollati al cielo. Gli apostoli non avevano ancora terminato il loro dovere storico; tuttavia Gesù raccomandò loro di restare in Gerusalemme “finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. Stupisce che Gesù abbia riconosciuto la sua morte prematura, dopo solo tre anni di condivisione coi suoi discepoli, come volontà eterna di Dio: “Così sta scritto…”. Per Gesù l’incompiuto era volontà e armonia divina. Perché Dio è incompiuto! Infatti la creazione del Padre e il logos (logica divina) del Figlio si riversano nello Spirito Santo, che è il vento che tutto scompone e ricompone. Gesù aveva detto a Nicodemo: “Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Giovanni 3, 6-8).

Gesù ha riassunto il suo Vangelo in due parole: “ saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati”. Conversione e perdono sono il cuore del Vangelo. Non la perfezione celeste, non l’illuminazione dei saggi, non la santità delle beatificazioni in Piazza San Pietro, non le verità non commerciabili, ecc.; benché tutte cose lodevoli, non sono le ultime parole che Gesù lasciò detto ai suoi apostoli. L’uomo è sempre tentato di voler capire se stesso e il senso della vita partendo dalle sue virtù e dai suoi talenti. Così l’uomo si vuole capire partendo dalla proiezione che si fa di se stesso, incorniciandola di perfezione. Partendo così, l’uomo conduce una vita spesso schizofrenica, dimenandosi tra due se stesso, quello reale e quello della sua proiezione. Può diventare violento, può fingere, può cadere in depressione, può gonfiarsi per farsi vedere più grande di quello che è. Il Vangelo di Gesù invece dice: CONVERSIONE E PERDONO. Gesù ci invita a partire dai nostri limiti, testimoniando che quella è la porta della beatitudine. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”: è la sua prima beatitudine. Il “povero in spirito” è proprio quello che parte dai suoi limiti, comprendendo che la sua via reale è quella della conversione nel perdono. Conoscere e perdonare – ossia “per dono” – i propri limiti è anche la disposizione più serena e oggettiva per conoscere la propria unicità. Infatti, ciò che è unico, ossia che è mio e non tuo, non può che essere limitato. Ovviamente: limitato nella religiosità del “per – dono”. Riconoscere la propria unicità come “per – dono” introduce nell’armonia e nella pace. E’ bello avere la propria unicità: ossia è bello non avere l’unicità degli altri; così, le unicità scorrono, confluiscono, si ricamano, si rivestono di colori, danzano la fantasia della vita. E’ l’ambito dello Spirito, ossia del vento divino che non sai da dove viene e dove va. Chi sa dove sta andando la Chiesa cattolica? Chi sa dove sta andando il Buddismo? A quel Gesù che dopo tre anni disse ai suoi discepoli, durante l’ultima cena, che per loro era meglio che lui tornasse al Padre, a quel Gesù queste domande non interessavano.

Qualcuno ha interpretato che Dio sia il punto d’arrivo che racchiude la vicenda esistenziale. I mistici, al contrario, in Dio comprendevano l’infinito, l’incompiutezza dei pensieri e calcoli umani, la creatività perenne, lo Spirito che tu non sai da dove viene e dove va. Così le religioni, anche quelle più corazzate di certezze, lungo i secoli svaniscono. Sono svanite le comunità cristiane del Sud ed Est Mediterraneo, stanno svanendo quelle dell’Europa; anche nella buddista Tailandia vediamo la violenza delle ingiustizie e nella Cina confuciana vediamo trionfare l’industrialismo sfrenato. Oggi, nel Giappone dove è cresciuto lo Zen che predica il vuoto e il gratuito, sarà possibile trovare un’attività che non si strutturi di calcolo e profitto?

Il cammino religioso, afferma Gesù, in ogni periodo della storia e in ogni posizione geografica è sempre conversione e perdono, perché nella conversione e nel perdono c’è già il punto d’arrivo. Infatti, la conversione da un atteggiamento errato introduce in un’ulteriore passo che di nuovo si chiama conversione e perdono. A chi volesse interpretare le mie parole come uno svilimento del Vangelo, rispondo che lo svilimento sarebbe piuttosto la sua interpretazione. Infatti, il Vangelo diverrebbe non più necessario! Il soffio dello Spirito Santo ci fa ballare la danza dell’amore, di quello evangelico che non è: Io bravo amo te poveretto; ma l’essere tutti fatti vivere dallo stesso soffio che a volte fa fiorire la tua unicità anche per me, a volte la mia anche per te; e poi le fa sfiorire ambedue. Perché il passaggio che rende sul serio tutto così è il saper morire come conversione e perdono. E Gesù se ne ritornò al Padre.

“Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? 6 Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7 Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Giovanni 16,5-7).

E’ Pentecoste. Il vento fa ondeggiare i campi di frumento, mentre il sole ne infuoca le spighe. Uomini e uccelli già sognano un buon raccolto!

p.Luciano

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2 commenti

  1. Elena Fossati ha detto:

    Mi hanno colpito queste frasi nella lettera di padre Luciano:

    “Gesù ci invita a partire dai nostri limiti, testimoniando che quella è la porta della beatitudine. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”: è la sua prima beatitudine. Il “povero in spirito” è proprio quello che parte dai suoi limiti, comprendendo che la sua via reale è quella della conversione nel perdono. Conoscere e perdonare – ossia “per dono” – i propri limiti è anche la disposizione più serena e oggettiva per conoscere la propria unicità. Infatti, ciò che è unico, ossia che è mio e non tuo, non può che essere limitato. Ovviamente: limitato nella religiosità del “per – dono”. Riconoscere la propria unicità come “per – dono” introduce nell’armonia e nella pace. E’ bello avere la propria unicità: ossia è bello non avere l’unicità degli altri; così, le unicità scorrono, confluiscono, si ricamano, si rivestono di colori, danzano la fantasia della vita.…

    Il soffio dello Spirito Santo ci fa ballare la danza dell’amore, di quello evangelico che non è: Io bravo amo te poveretto; ma l’essere tutti fatti vivere dallo stesso soffio che a volte fa fiorire la tua unicità anche per me, a volte la mia anche per te; e poi le fa sfiorire ambedue. “.

    Abbiamo conosciuto in villa a Desio “Vangelo e Zen” e ho iniziato a frequentare la meditazione e la messa del sabato. Avendo famiglia ed essendo impegnata nella mia comunità di Bovisio Masciago, in questo mese di maggio non sono riuscita a frequentare tutti i sabati, e ne sento la mancanza.

    Mia figlia Gaia farà la comunione domenica 23 prossimo e sicuramente torneremo anche con lei…. Le era molto piaciuta la celebrazione dell’eucarestia con padre Luciano e le era spiaciuto che noi (mio marito, mio figlio ed io) avessimo condiviso l’eucarestia e lei non aveva potuto spezzare il pane con noi, almeno fisicamente. Ora torneremo con lei!

    Grazie per l’esperienza

    Elena Fossati

  2. itius ha detto:

    a Elena Fossati desidero sottoporre l’interpretazione di Origene sulla Parola: “beati i poveri in spirito”.
    Tutto corrisponde.
    Il dottore alessandrino interpreta che “poveri in spirito puo’ essere inteso come “poveri nell’anima” Grazie.

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