Lun 2 Mag 2011 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

01 maggio 2011

La temperatura mite e vivace ci aiuta a gustare il Vangelo di questa prima domenica dopo Pasqua (Gv 20,19-31).

Oggi (2 maggio) il telegiornale annuncia ripetutamente che negli Stati Uniti la gente esce in istrada esultando all’uccisione di Bin Laden. Anche in Italia, ieri primo maggio, le strade e le piazze si sono riempite di gente in esultanza o in protesta. Forse per questo contrasto, le poche scene pasquali descritte dai Vangeli, nella loro semplicità e umiltà, ci regalano una tenue e profonda commozione. Ci trasmettono il senso della PASQUA, ossia del PASSAGGIO.

Riprendo la lettera di Pasqua, quella precedente, e mi soffermo ancora ad osservare il comportamento degli apostoli in quei 40 giorni dopo la risurrezione, in cui sperimentarono l’incontro con il Risorto. Spesso, chi ha perso una persona cara afferma che subito dopo la sua morte per giorni e giorni gli pareva di incontrarla ancora viva in casa, in camera, in cucina; e che gli sorrideva e gli parlava. Mi domando come gli apostoli vedessero Gesù risorto. Sì, perché se fosse, come ho sempre pensato, che l’apparizione del Risorto fosse un miracolo, un avvenimento fuori dall’ordinario, sorprendente, gli apostoli avrebbero dovuto comportarsi in un altro modo. Invece incontrano il Risorto la domenica della risurrezione e fino alla domenica seguente non accadde nulla di straordinario. Anzi, Tommaso, che non era presente la prima domenica, continuava a dire che lui non ci crede. Se la prima apparizione fosse stata un avvenimento straordinario, ossia un miracolo, gli apostoli avrebbero dovuto comportarsi in ben altro modo. Avrebbero dovuto mettersi in movimento per partire ad annunciare al mondo intero il Vangelo, avrebbero dovuto gridare nelle piazze, un po’ come noi in questi giorni. Io, per lo meno, avrei fatto così. Invece, tutto continuò in modo ordinario. Rividero il Risorto la domenica seguente e lì c’era anche Tommaso. Gesù gli disse: “Tommaso, perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (Gv 20,29). Mi fa molto riflettere questa frase di Gesù e mi chiedo se gli apostoli hanno creduto perché hanno veduto il miracolo; oppure fanno parte di quei beati che non hanno veduto e hanno creduto.

Dopo questo nuovo incontro col Risorto da parte degli apostoli, Tommaso compreso, ci si aspetterebbe che finalmente facessero su le valigie e si mettessero in viaggio per raggiungere Roma e Atene ad annunciare la Lieta Notizia. Invece, racconta Giovanni nel suo Vangelo, Pietro nientemeno lasciò Gerusalemme, percorse 150 kilometri a piedi (si suppone) e ritornò con Giovanni, Giacomo e Tommaso al suo paese natale, Betsaida. Riassettò la barca dopo 3 anni di non uso, ed uscì a pescare nel lago di Tiberiade (Tiberiade era la città portuale vicina a Betsaida, a cui era appena stato dato questo nome in onore dell’imperatore regnante, Tiberio). Dopo aver tribolato tutta la notte senza prendere nulla, la mattina seguente Pietro e gli altri apostoli sperimentarono di nuovo l’incontro col Risorto. Il Risorto disse a Pietro: “Pasci le mie pecorelle”. Vien da pensare che Pietro avesse messo da parte la vocazione di andare ad annunciare il Vangelo a Roma e invece fosse ritornato a fare il pescatore di pesci, al punto che il Risorto nuovamente dovette chiamarlo a pascere le sue pecorelle. Del resto anch’io ho lasciato il Seminario e poi vi sono ritornato. Del resto tante coppie lasciano il talamo, e poi vi ritornano. Per Pietro la Risurrezione fu quindi il suo stesso risorgere alla vocazione che avrebbe voluto rifiutare. Ma non finisce qui. Luca, inoltre, ci dice nel suo Vangelo che il giorno stesso prima della ascensione in cielo di Gesù risorto, quindi l’ultimo di quei quaranta, i discepoli ancora “stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma” (Lc 24,37). Negli Atti degli Apostoli ci dice ancora che l’ultima domanda che i discepoli hanno rivolto al Risorto, prima che egli scomparisse dalla loro vista terrena, fu “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?” (At 1,6), ossia che cacceremo i Romani e riedificheremo il regno davidico?.

L’esultanza rumorosa in questi giorni da parte di molti che si dicono cristiani, nelle strade e nelle piazze, appare tanto e tanto lontana dall’atmosfera di quella Pasqua. Quella era vera PASQUA, vero PASSAGGIO. Noi invece, celebriamo trionfi. Il ri-battesimo della mia fede cristiana nella corrente umile dell’ordinarietà, della creaturalità, della storia, mi dona una profonda commozione. Sperimento l’Emmanuele, il “Dio con noi” . Il Risorto dei Vangeli non pronunciò alcuna parola di vendetta; parlò solo di perdono e di alleanza nuova. Era risorto per davvero. Nelle strade dell’uomo si sta osannando la morte dei cattivi. I buddisti direbbero: la catena continua.

Un amico mi ha regalato un libretto che ha il profume tenue dei Vangeli. Il titolo è: “Il giardiniere di Dio” (Edizioni San Paolo). L’autore, Jean-Marie Lassausse, è un un prete francese, al quale il vescovo di Algeri ha chiesto di curare l’eredità agricola e spirituale del monastero di Tibhirine, dopo che i sette monaci cistercensi furono decapitati dai terroristi. Io invito chiunque ha visto il film “Uomini di Dio” a procurarsi questo libretto, un vero Vangelo attuale della risurrezione nell’ordinarietà. A chi non ha ancora visto il film, raccomando prima di vederlo. Commuove scoprire la risurrezione nell’umile ordinarietà della vita. Questo giardiniere è sacerdote della “Mission de France”, ossia una comunità di sacerdoti che fanno voto di fare il prete lavorando la terra coinvolgendosi in luoghi dove la terra è ferita e disonorata. Prima di essere chiamato a continuare l’impegno agricolo dei sette monaci trucidati, impegno che dà lavoro anche a tanti mussulmani locali, l’autore lavorava la terra nell’alto Egitto dove è necessario arginare la desertificazione. Mission de France: anche questa è una bella scoperta che ti conduce ad amare questa Chiesa Cattolica per le tante cose vere nascoste, così vere e nascoste che non necessitano l’aggiunta di scendere in istrada e in piazza. Ma che al momento giusto ci sono!

p.Luciano

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