Lun 14 Apr 2014 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Carissimi, a tutti l’augurio, che è preghiera, di una Pasqua santa e lieta. La lettera allegata vi commenta questo agurio che è preghiera.
Allego anche il programma delle funzioni delal settimana santa presso la Cappellania giapponese. Aggiungo che in questa settimana il sottoscritto è in Duomo a Milano per il sacramento del perdono lunedì, martedì, mercoledì dalle 15.00 alle 19.00: giovedì presso la Cappellania 16.00 – 19.00; venerd’ in Duomo 07.00-10.00, 12.00-15.00.
Un ulteriore invito: sul nostro sito sito potete trovare la registrazione del sesto corso dei 7 sabati “Ritrovare il sé nell’abbandono del sé” e anche una serie di foto del nostro giardino all’arrivo della primavera. Nella speranza che vi regalino una goccia di letizia pasquale.
p. Luciano

auguri

Carissimi, così il nostro prato questa mattina, prima del passaggio letale del taglia erba. I monaci tibetani distruggono il mandala quando ha raggiunto la sua perfezione. Perché tutto ciò che è perfetto, tutto ciò che ha raggiunto l’apice, non avendo in sé più alcuna contraddizione né rimanendogli alcun cammino da percorre, deve annullarsi, deve morire. La morte lo scioglie dalle catene della perfezione. E avviene la risurrezione.

“Gesù disse:  E, chinato il capo, spirò” (Gv 19,30).
I quattro Vangeli che descrivono piuttosto in dettaglio la morte di Gesù, ci hanno tramandato solo pochi accenni circa la sua risurrezione. Soprattutto nessuno di loro ha descritto la risurrezione di Gesù in diretta, ma solo attraverso il riverbero della propria risurrezione. Paolo drasticamente afferma che la prova della risurrezione di Gesù è l’esperienza della propria risurrezione. “Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto” (1 Cor 15,16). La risurrezione è Vangelo, lieta notizia, soltanto se la morte, la propria morte, è Vangelo, è lieta notizia.
Alcune comprensioni astratte hanno impedito e tuttora impediscono l’esperienza della lieta notizia della morte e della risurrezione. Tra queste, il fraintendimento che la risurrezione sia un miracolo, un privilegio divino riservato alla persona di Gesù. Questo fraintendimento spacca l’armonia dell’universo. Infatti, la trinciatura del prato di margherite risulterebbe un sacrilegio verso la bellezza e la vita. Così, il predatore che azzanna la preda, il fuoco che consuma la legna, oppure il sottoscritto affamato che addenta la mela profumata e dalla forma perfetta, tutti saremmo sacrileghi contro l’armonia dell’esistenza. Sacrilego sarebbe pure il primo capello bianco che ho scoperto sulla mia testa una decina d’anni fa, sacrilega sarebbe ogni ruga che compare sul volto degli anziani, disperata sarebbe anche ogni lacrima versata alla morte di una persona cara.

La risurrezione è contemporaneamente accoglienza intima della morte, come lieta notizia. “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).

Il fraintendimento è pertinace e continua anche all’ascolto del Vangelo del chicco che muore, fraintendendo il molto frutto prodotto come un guadagno e un possesso, mentre ogni io che guadagna e possiede non è più, perché tutto risorge. Questo fraintendimento lascia il cristiano sempre nell’anticamera della risurrezione, ma non oltrepassa la soglia. Come un chicco che vorrebbe produrre la spiga senza accettare la propria morte. Come ogni coppia di conviventi che non fa il passo del matrimonio per tenersi delle riserve, come un padre e una madre che non risorgono nuovi ad ogni nascita di un bambino, oppure come un prete che trasferito in un’altra parrocchia ripete ciò che ha fatto in quella di prima. Si rimane nell’anticamera, senza varcare la soglia.
Un concetto che ostruisce l’esperienza della risurrezione è quello di persona. Finché uno fa coincidere la sua vita, ciò che gli accade, solo come avvenimenti che riguardano la sua persona, di cui la sua persona è l’esclusiva proprietaria, rimane crocefisso sul suo io. La croce dell’io è l’anticroce di quella di Gesù. Sulla croce Gesù gridò: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23,46). Sulla sua croce, l’io soltanto si dimena. Sciogliendo la sua persona sull’altare della croce, Gesù abbracciò anche chi inchiodato sul suo io soltanto si dimena. Pregò: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).

La proprietà privata è spesso soltanto la croce dell’io.
Dio persona muore e risorge Dio amore. “Dio è amore” 1 Gv 4,8). Sulla croce morì la persona storica di Gesù e risorse il Cristo. Il Cristo non è più proprietà esclusiva di Gesù, ma è universale.

Aristotele, Spinoza e tanti filosofi hanno conosciuto Dio come ente a sé, che non muore. Nella fede noi sperimentiamo che il Dio personale muore, e risorge il Regno di Dio, o dei cieli. Nel regno di Dio, il più piccolo è il più grande. E’ più grande, ma non secondo la misura con cui noi diciamo che l’adulto è più grande del bambino. Perché anche i concetti di piccolo e di grande saranno risorti.
Dai fratelli orientali, soprattutto buddisti, ho ricevuto un prezioso aiuto per comprendere il Vangelo come ciò che io sono, ciò che tutto è. Questo attraverso il loro costante richiamo della natura e alla natura, per significare ciò che tutto è, prima e oltre le forme che ogni ente va assumendo nel tempo. Il tempo stesso è pasqua – passaggio. Del resto, anch’io, missionario cristiano occidentale, li ho aiutati a mia volta con il Vangelo della verità controparte, ossia esortandoli a dare importanza a queste forme che si generano e si sciolgono nel tempo. Ho annunciato loro che nel pane e nel vino c’è il Signore. Non per metterlo in una teca dorata. Questa è la devozione di chi rimane nell’anticamera del Vangelo della risurrezione. Ma per mangiarlo.
A tutti l’invito a una vera esperienza di risurrezione.
Inginocchiati davanti a un prete peccatore come te e digli i tuoi peccati. Poi ascolta in silenzio: I TUOI PECCATI SONO PERDONATI. VA IN PACE .
E non ritornarci più sopra con sentimenti di colpa, altrimenti saresti rimasto nell’anticamera, sulla croce dell’io che pretende di non essere come gli altri peccatori.

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Il 19 aprile, dopo il ritiro del sabato santo che è aperto a tutti, a Desio si terrà l’assemblea dell’associazione Vangelo e Zen. Fra i tanti nostri amici, 29 di loro hanno chiesto di essere anche formalmente soci, condividendo la piccola croce degli atti formali a cui ogni associazione deve accudire. Per l’occasione ho mandato ai 29 soci una lettera di cui riporto un passaggio:

… Il cammino che qui noi proponiamo non fa leva sul dialogo fra differenti religioni, e non è granché interessato alle varie manifestazioni eclettiche di folclore religioso. Piuttosto si vuole fare leva sulle domande di fondo che ogni uomo si pone. E’ verso queste domande che si riversa l’insegnamento della tradizione dello Zen e del Vangelo. Questi, anche se formano il nome dell’associazione, rimangono privilegiati sussidi, ma comunque sussidi, all’uomo reale. La casa Vangelo e Zen non è una facoltà di religioni comparate, ma una palestra di vita dell’uomo d’oggi…

a tutti l’augurio di una santa e lieta Pasqua con il Signore e nel Signore che muore e risorge

p. Luciano

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