Sab 3 Mag 2014 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Università di Parma, Azienda USL di Parma, Teatro DUE compagnia stabile

Rassegna “DOLORE IN BELLEZZA” – Quarta edizione Parma, aprile-giugno 2014

NEGOZIARE CON IL MALE

dolore in bellezza locandina 2014 SMALL“Il male è un lucido conoscitore degli uomini e fonda il suo regno sulla capacità di coltivarne le debolezze. Sa adattarsi ai tempi perché ha imparato a cambiare spalla alle sue armi: una volta esaltava la sottomissione, oggi offre con successo e su tutti i canali dosi crescenti di volgarità ed esibizionismo.

Se vogliono far crollare questo potere, i migliori devono smettere di specchiarsi nella loro perfezione.”
(Franco Cassano, da ‘L’umiltà del male’, 2011)

“Non tutto il male viene per nuocere” (proverbio popolare)

Da sempre il male è una condizione, e perciò una narrazione necessaria: da sempre manipoliamo la sventura e la violenza, la malattia e la morte, e da sempre una comunità mostra la propria capacità di “mantenere l’ordine” nel modo in cui reintegra quotidianamente queste esperienze, le tiene dentro, riesce a vederne un motore della sua storia e delle singole storie, che svoltano quando incontrano il male e spesso solo se lo incontrano. Così, se il male ci accompagna e ci appartiene inesorabilmente, la portata storica di una civiltà (la capacità di resistere culturalmente) è leggibile anche nei termini di “manipolazione simbolica” del male. Pensiamo all’esempio della tragedia greca, alla capacità di produrre “catarsi collettiva” mettendo in scena la madre che uccide la figlia o il figlio che si congiunge carnalmente alla madre: la tragedia era una potente forma di relazione col male, capace di re-integrare ciascuno rispetto ai propri desideri negati e rispetto al mistero dei desideri altrui.

Nominare il male, valutare il male, legittimare il male per reintegrare il male. Infine, negoziare con il male per opporsi al male: “ogni forma di cura che ci risulti davvero difficile è una forma di negoziazione con il male”, diceva Claudine Herzlich nella celebre opera ‘Il senso del male’.

Eppure oggi, in un periodo storico in cui sembra di poter parlare di tutto, il male scatena nelle nostre conversazioni quotidiane forti negazioni o sbrigative rassicurazioni.
Forse perché abbiamo dismesso quei contesti in cui si narrava collettivamente il male, abbiamo delegittimato le narrazioni emotive situate, corporee, relazionali a favore di quelle mediatizzate, di cui fruiamo individualmente: abbiamo perso la “comune” Tragedia a favore di tanti piccoli frammenti tragici difficili da riconnettere (pensiamo alle sfuggenti narrazioni televisive sulla violenza).

O forse perché ci siamo convinti in epoca moderna che l’unica mediazione efficace con la sventura è quella che porta alla sua sconfitta: sconfitta della morte attraverso la medicina; sconfitta della follia attraverso il farmaco; sconfitta della violenza attraverso il suo isolamento; sconfitta del desiderio illecito attraverso la sua domesticazione in forme cui è più facile dare soddisfazione attraverso il mercato, e così

via. Infine, alla Tecnica (ai saperi tecno-logici) e al Mercato abbiamo affidato il destino del Male, sicuri di dominarlo attraverso la ragione e la scelta, sicuri di portarlo così fuori dalla umanità più “comune”.

Oggi però succede che il male quotidiano venga riprodotto da coloro che son vestiti di quella tecnica e di quel mercato che ci dovevano salvare. Il “male travestito di legittimità”, insomma, quel dolore quotidiano indotto da chi ha il volto delle istituzioni, del sapere o del successo, ci confonde, ci lascia senza giudizio. E parallelamente vediamo meglio che il “male identificato”, quello confinato agli spazi che non ci riguardano, al carcere ad esempio, non è un Male spento o sconfitto.

In tal senso, dobbiamo forse negoziare meglio col male, “tener dentro” e “legittimare” di più ciò che di noi non trova linguaggio espressivo e si traduce in azione violenta o in senso più vasto “maligna”. Dobbiamo cercare spazi – contesti, linguaggi, forme del confronto collettivo – attraverso cui allargare l’immaginario sul male, re-integrare il male in una dimensione comune, arrenderci ad esso senza “aristocratismi etici” – dice Cassano – consapevoli della sua forza, cioè della sua capacità di dare risposte all’uomo che altrove gli sono negate.

Però, una “nuova umiltà del bene”, per citare lo stesso autore, la nostra identificazione con il male, la comprensione della sua vitalità e delle sue ragioni, pare un proposito rischioso.
Guardando negli occhi la violenza, ad esempio, riconoscendola come “nostra” (come prodotto sociale e come vissuto condiviso), corriamo il rischio di una ulteriore de-valorizzazione del nostro modo di vivere, di un ulteriore relativismo etico e culturale? Oppure è proprio questa la via per una maggiore capacità di parola contro il male?

In questa epoca di incertezza dove i valori sono instabili, una maggiore capacità di prendere posizione può discendere dal nostro rispecchiarci nel male come percorso “sensato”, o semplicemente produciamo ulteriore smarrimento?
Per tentare insieme le risposte, vorremmo guardare al tema del dolore provocato (indotto o inflitto) come processo sociale e culturale, convinti che il carnefice, la vittima e lo spettatore siano una relazione e che come tale vadano guardati e affrontati. Per “negoziare con il male”, quindi, intendiamo l’operazione intellettuale del guardarlo nella sua profondità e nella sua processualità relazionale, senza relegarlo altrove, senza isolarlo nei luoghi del contenimento, dell’espiazione o della riabilitazione.

Il nostro percorso di riflessione – come è stato per le altre edizioni della Rassegna teatrale “DOLORE IN BELLEZZA” – adotterà diversi linguaggi (letture, mise en scène, video, brevi spettacoli) commentati da autori e studiosi, e tenterà un confronto tra saperi differenti, innanzi tutto tra quello sociologico e quello psichiatrico di cui siamo portatrici in prima persona.

Ci occuperemo nello specifico di argomenti differenti – dalla socializzazione della colpa in carcere, alla cura delle “possessioni” nell’etnopsichiatria – per valutare il modo in cui oggi è possibile “stare insieme” – seduti a teatro – col male.

Vincenza Pellegrino, Maria Inglese, Paola Donati

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“Ci vuole molta energia per trasformare il DOLORE IN BELLEZZA”, (Bianca Tosatti 2008)

4° edizione della Rassegna DOLORE IN BELLEZZA, Az. USL di Parma e Università di Parma (Dipartimento L.A.S.S., Lettere Arti Storia e Società)

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30 Aprile 2014
“Il disumano molto umano”
Letture sul male con Marco Deriu, Paola Donati, Maria Inglese, Pietro Pellegrini, Vincenza Pellegrino

9 Maggio 2014
“Gli angeli caduti. L’esperienza della Compagnia della Fortezza di Volterra”
Dialogo con Armando Punzo, Bianca Tosatti e Paola Donati

19 maggio 2014
“Il sacro, il male e il bene”
Incontro con Gabriella Caramore in dialogo con Sergio Manghi, Maria Inglese e Vincenza Pellegrino

3 Giugno 2014
“Negoziare con il male”
Incontro con Piero Coppo in dialogo con Maria Inglese e Vincenza Pellegrino

13 Giugno 2014
“Carnefici e spettatori”
Incontro con Alessandro Dal Lago in dialogo con Marco Deriu e Vincenza Pellegrino

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Sede: Teatro Due, Viale Basetti n.2, Parma dalle 16.00 alle 18.30

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Dolore in bellezza è una rassegna ideata e curata da Maria Inglese e Vincenza Pellegrino, con il supporto dell’Università di Parma, l’Azienda USL-Direzione Socio-Sanitaria e DAISM-DP di Parma.

Sono riconosciuti i crediti ECM per operatori socio-sanitari.

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