Vangelo e Zen 12 aprile 2016
le foglie nuove
la croce: nuda primavera
E’ primavera e tutt’attorno la natura esplode in tenera vitalità. I rami degli alberi si ammantano di foglioline nuove. A prima vista, tutto appare ritornato come la primavera dell’anno scorso, mentre tutto è nuovo. I rami stessi hanno modificato la loro forma, seguendo una legge innata che si può dire così: stare in ciò che accade, insieme con tutto costruendo ciò che accade. Sabato 30 aprile, seguendo il programma del corso “Il tempo e l’interiorità dell’uomo”, ascolteremo la comprensione del tempo che Heidegger ha raccolto sotto il titolo: “Essere tempo”. Ogni nuova fogliolina è appunto essere tempo. E’ nata e ha preso la sua forma ricevendola nel e dal concerto cosmico che è questo adesso. E’ così perché il vento che soffiava mentre nasceva, o il sole o la pioggia che la investivano mentre spuntava, l’hanno plasmata così; e la fogliolina lasciandosi plasmare a sua volta ha plasmato la primavera che è ciò che adesso accade. Le foglie dell’annata precedente, cadute, sono rientrate nel terreno. Senza forma, sono aperte a tutte le forme, divenendo quell’unica forma che accadrà.
In questo tripudio di vita che si risveglia, la chiesa celebra la morte e la risurrezione di Gesù, venerandovi il sacramento storico della morte e della risurrezione universale. Quindi, della morte e risurrezione di ciascuno di noi. I brani di Vangelo proposti dalla liturgia alla nostra meditazione in questo periodo pasquale hanno l’immediatezza che commuove e stupisce. Sono le primissime testimonianze su Gesù che muore e risorge, ancora nude di tutte quelle interpretazioni aggiunte lungo la storia dai teologi. Il loro ascolto purifica il mio cuore che crede.
Certe interpretazioni teologiche disaffezionano da Gesù che muore in croce, perché coprono la sua nuda umanità con drappi dorati. Comunemente diciamo che Gesù è il figlio di Dio che muore in croce per la nostra salvezza. Ci raffiguriamo un Gesù quasi impassibile davanti al dolore, e invece fiero di redimere l’umanità. Un Gesù figlio di Dio, kamikaze della salvezza. Yukio Mishima, noto scrittore giapponese, il 25 novembre 1970, di fronte a un numerosa coorte militare di autodifesa, oltre che a giornali e televisioni, praticò il suicidio rituale tagliandosi il ventre, gesto che noi impropriamente chiamiamo harakiri. Kamikaze dell’onore nipponico!
Il Vangelo di Marco è il più antico, quello che descrive i fatti il più possibilmente nudi così come sono accaduti. Narra che quell’uomo, il figlio dell’uomo, nel Getsemani sentiva paura e angoscia. Pregava: “Abbà Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi” (Mc 14,36). Quando fu crocefisso, i sacerdoti, i passanti e anche i due ladroni che subivano la stessa pena, lo deridevano: “Ha salvato altri, non può salvare se stesso” (Mc 15,31). I discepoli l’avevano lasciato. Gesù aprì la bocca e gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mc 15,34). Quindi, dando un forte grido, spirò.
Nessuna redenzione ostentata! La redenzione era nascosta nel voto che aveva animato la sua esistenza: il voto del Regno di Dio. Inchiodato sulla croce difese quel voto dalle forze avverse che lo aggredivano per distruggerlo. Un suo discepolo descriverà quel suo voto con queste parole: “Il regno di Dio… è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rom 14,17). Era il voto di un regno di rapporti umani nuovi, dove il più piccolo è il più grande, dove la fraternità si genera sempre nuova attraverso il per-dono.
Il peccatore Paolo, il peccatore Luciano (il sottoscritto) e altri continueranno ad affermare che morì per redimere l’umanità. Sì, perché il nostro rapporto con Gesù inizia dal ricevere il perdono dei nostri errori. Ma nel suo cuore sulla croce palpitava qualcosa di immensamente più grande e nobile della semplice redenzione dal peccato. Ferveva un sogno diventato voto: il Regno di Dio.
Il cristianesimo s’è bloccato alla redenzione. Perfino il battesimo nella sorgente dell’acqua e nello Spirito può rimanere interpretato nel limite di un atto redentivo dal peccato.
E’ primavera. Apriamo il cuore.
p. Luciano
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