Ven 18 Ott 2019 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Cammino religioso Vangelo e Zen
8 ottobre 2019

Nel Vangelo letto oggi nella liturgia ambrosiana, Gesù predice ai discepoli le difficoltà e i violenti contrasti che dovranno affrontare nella vita (Lc 21,10-19). L’evangelista Luca scrisse questa pagina negli anni 60-70, quando i primi cristiani venivano perseguitati da Nerone che aveva loro imputato la colpa dell’incendio di Roma; e, qualche anno dopo, il tempio di Gerusalemme veniva distrutto da Tito. Luca rivestì la predizione di Gesù con le immagini vive e scioccanti della persecuzione romana e del fuoco che bruciò Gerusalemme ,che lui stesso aveva visto o che testimoni oculari gli avevano raccontato. Contrasti violenti intrecciano la storia, anche quella dei nostri giorni: donne e bambini inghiottiti dalle onde del mare, stupri, omicidi, guerre politiche, o religiose, o commerciali. E, nascosti nel segreto della vita privata ma altrettanto dolorosi, i conflitti interiori di ogni essere umano. Molte ideologie, politiche ed economiche, profetizzano l’imminente arrivo di ere di benessere; come pure molti movimenti religiosi vendono preghiere e riti che dispensano un facile ottenimento di felicità e di pace. Gesù semplicemente dice: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (Lc 21,19). Lo stesso versetto nella traduzione precedente della Bibbia, in uso fino a qualche anno fa, suona così: “Con la vostra pazienza salverete la vostra anima”.

Nella Chiesa è insegnato che la guarigione e la salvezza sono opera di Dio; e così è. Tuttavia in ciascuno di noi sta nascosta una buona dose di accidia che ci alletta a pensare che Dio che opera la guarigione e la salvezza dimori fuori di noi, infinitamente sopra, in un altro separato e irraggiungibile. La fiducia in Dio scatta dalla non fiducia in se stessi, anche se ci diciamo sue creature. “Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio”, canta il salmista (salmo 138), ma una pesantezza interiore ci porta a fraintendere come se la gloria di Dio aumenti degradando l’uomo. Nei secoli una sorta di accidia religiosa ha svigorito il cristianesimo, perché ha svigorito l’uomo. Il cristiano che svaluta la sua umanità, svaluta anche quella di Gesù e i suoi momenti più umani che ci sono giunti tramite i vangeli vengono ricoperti di interpretazioni dorate che riducono la sua umanità a una gruccia di legno che serve per mettere in mostra il manto splendente della divinità: le tentazioni, la maledizione del fico che non dava frutti fuori stagione, la risposta razzista alla donna cananea, la preghiera per evitare la morte nel Getsemani, l’urlo verso il Dio che lo aveva abbandonato sulla croce.

In agosto un caro amico mi ha dato l’occasione di trascorrere una mezza-giornata a casa sua dialogando sulla storicità di Gesù e dei Vangeli con Giancarlo Gaeta, docente di Storia del cristianesimo antico presso l’Università di Firenze. Che cosa unisce il Gesù sulla croce che grida al Padre” Perché mi hai abbandonato?”, e il Gesù della fede di Paolo e della Chiesa che afferma che Gesù è morto in croce per redimerci dal peccato? Gesù sapeva che la sua morte in croce redimeva il mondo? Se sì, come mai ha sperimentato l’abbandono del Padre? Che cosa unisce la contingente umanità di Gesù che si sente abbandonato dal Padre e la fede dei primi cristiani che si affidarono alla sua potenza divina che vince la morte? Gaeta risponde: è il divenire storico delle cose. La verità non è, ma è divenendo, e diviene perché è. “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 3,51). Il Gesù innalzato diviene storicamente dal Gesù abbassato. Il Gesù risorto conserva le cicatrici della storia nelle mani, nei piedi e nel costato. “L’evento Gesù è sparso nelle rappresentazioni che ne ha trasmesso la letteratura evangelica… Dalle loro distinte esegesi ricaveremo ben poco quanto alla sua personalità storica, ma esse hanno da offrirci, per il loro stesso carattere, una cosa non meno preziosa: il significato che la sua esperienza ha avuto per i suoi seguaci” (Giancarlo Gaeta in “Il Gesù moderno”, Einaudi, p. 134). Ho sempre pensato che la sindone di Torino sia più vera se è un falso medioevale: ossia è più carica di verità se quella immagine è stata trasmessa e nobilitata attraverso generazioni di credenti, piuttosto che sia un lenzuolo che porta impressi elementi chimici di un crocefisso di 2000 anni fa. E’ sempre latente in noi l’accidia che ci alletta a una fede astorica, in un Gesù che è il punto d’arrivo e non il fermento del grande pane della storia umana dove è anche la mia storica umanità. “Con la vostra pazienza salverete la vostra anima”. La pazienza storica, la vera sindone che delinea quel volto.

Viviamo nell’epoca dell’industrializzazione e noi potremmo cedere all’accidia di accontentarci di alimenti industriali, ogni giorno la stessa litania. Potremmo accontentarci di un parmesan cheese già gratugiato senza sapore, in scatolette. 40 anni fa in Giappone non c’era che quello, made in Canada, e noi missionari italiani lo chiamavamo segatura. Io sono di Parma e ho cugini casari che ogni giorno mettono in salamoia 10 forme di pregiato parmigiano – reggiano biologico. Come li vado a trovare volentieri quei cugini! Sì, perché vivo nella mia storia, nella storia della mia terra e ho conosciuto il disgusto del parmesan cheese made in Canada.

Sabato 12 ottobre inizierà il corso su Ildegarda, “E l’uomo, dopo essere stato pervaso dal respiro della vita, che è l’anima, si levò in piedi e conobbe le creature e le accolse nel suo animo con amore fortissimo”. Ore 14,30 presso la Biblioteca Ambrosiana, a due passi dal Piazzale Cordusio, Milano. Anche chi non ha provveduto all’iscrizione è il benvenuto. Nel qual caso è gradito un cenno telefonico a Giovanna circa le modalità di partecipazione: cell. 348.6930647.

Da ultimo allego la foto degli 11 porcini che stanno seccando sotto il sole ottobrino di Via Palermo, 11, Milano. L’altro giorno sono andato a funghi con mio fratello che ha 4 anni più di me. Io ne trovai uno, mio fratello dieci. Individuato un fungo, mi chiamava e mi diceva: Prova guardare da questa parte. Quindi si voltava dall’altra parte e al mio sussulto di gioia per il fungo trovato, bisbigliava: Che occhio che hai. Così io ne raccolsi 11, ma di fatto di mio ne avevo trovato uno. Com’è bella la compagnia storica! Fossi stato così bravo di trovarli tutti io, mi sarei esaltato. Ma l’esaltazione non eguaglia l’affetto fraterno. Le idee pure non eguagliano la pazienza storica.

P. Luciano

Nessun tag per questo post.
categorie: In evidenza, lettere

Lascia una risposta