Dom 12 Apr 2020 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Risurrezione a novità di vita – Ϗаιѵοτητι ζωης


(da Parma, grazie a Giorgio)

Dal sonno ci si risveglia, dalla caduta ci si rialza, dall’errore ci si corregge, dall’offesa ci si perdona, dal conflitto si fa la pace, dalla malattia si guarisce.. L’io di prima cambia in meglio e dice: ora sono sveglio, sto in piedi, ho compreso, ho fatto la pace, sono guarito! Tutto questo è la nostra esperienza quotidiana, variopinta dei colori del tempo.

La risurrezione non è così. Si risorge solo morendo, dal nulla. Non avviene da qualcosa di prima, non è cambiamento in qualcosa d’altro, non è una meta, non è un merito, non è un premio. La risurrezione non è la solita vita in una forma nuova, corretta, guarita, virtuosa; e non è il ritornare a vivere dopo essere morti. La risurrezione non è il mio io di creatura che adora il creatore, e nemmeno è Dio che mi crea e mi giudica. Rimarremmo bloccati ciascuno nella propria posizione, senza risorgere. La risurrezione è il Dio che muore in me e risorge come padre, ed è questo mio io che muore in Dio e risorge come figlio. Se ciò che era prima non muore, non c’è risurrezione. La risurrezione è l’apice della libertà, perché si dà incondizionata.

La risurrezione è novità di vita – Ϗаιѵοτητι ζωης (Lettera ai Romani 6,4) in me, nel cosmo, in Dio.

Sotto la croce il centurione pagano, quella novità, la intravide nel corpo morto che pendeva dalla croce. I discepoli che avevano vissuto anni con quell’uomo ascoltando le sue parole e vedendo i segni che compiva, non avevano ancora intravisto nulla. La domenica della risurrezione Pietro e Giovanni, dopo aver ascoltato dalle donne che il sepolcro era vuoto e che un angelo aveva attestato che è

risorto, corsero al sepolcro a verificare, perché “non avevano ancora compreso la Scrittura che cioè egli doveva risorgere dai morti” (Gv 20,9). Ma nessuno può credere che Gesù è risorto perché un altro gli dice che è risorto, foss’anche un apostolo, o un sacerdote, o uno che ha visto con i suoi occhi, oppure la Bibbia, oppure la Chiesa. Tutti questi preziosi rapporti guidano fino a toccare forme nuove o corrette o guarite o migliori di vita, ma non alla risurrezione in novità di vita. Ti lasciano ancora lì, dentro i tuoi parametri. Giunti lì, si è come Pietro e Giovanni, gente che corre a vedere ma non sa che cosa, e corre proprio perché non sa che cosa sta cercando. Così nel cammino religioso, così in quello sociale, culturale o economico.

La risurrezione è novità di vita – Ϗаιѵοτητι ζωης (Rom 6,4). Le recenti Bibbie traducono: vita nuova, ma il testo originale dice di più: novità di vita.

Nella novità di vita – Ϗаιѵοτητι ζωης si entra solo attraverso l’esperienza della morte, di cui quella fisica è un richiamo. Ma per chi entra, tutto è richiamo. E’ la vita in Dio. “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal. 2,20).

Martedì 7 aprile su TV 2000 (canale 28) ho visto per la seconda volta il film “Uomini di Dio” (Des hommes et des Dieux) di Xavier Beauvois. Ogni volto nella sua individualità, attraverso la sua individualità, lasciava percepire la novità di vita, mentre tutto procedeva secondo il tempo cronologico della storia umana che per loro, e al confronto in piccola parte anche per noi oggi, era storia spietata. Quei monaci avanzavano zoppicando e sostenendosi l’un l’altro verso il loro patibolo, finché si dileguarono nel nevischio, controllati dai loro uccisori. Andavano a vedere in Dio con gli occhi di Dio il volto dei loro uccisori, e la comunità religiosa di cui quelli erano una frangia violenta. Vedere in Dio il proprio uccisore e pregare per chi li ha perseguitati! “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (lc 23, 34). E Dio morì al suo giudizio e risorse nel Padre che perdona!

“Nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23, 46).

In questi giorni di sosta mi dedico a tradurre alcuni testi dello scrittore cattolico giapponese Endò Shusaku, autore del romanzo Chinmoku – Il Silenzio, da cui la trama del film Silence di Martin Scorsese. Da un saggio dal titolo Shi ni tsuite kangaeru – Pensando alla morte, scritto dopo aver visitato Auschwitz, traggo questo passaggio: “Ad Auschwitz ho visto l’interno del campo e anche le camere a gas. Vedendo le atrocità compiute dai nazisti lo shock fu tale che, per tre giorni, non riuscii a inghiottire cibo. Rimasi sbalordito che un uomo solo avesse potuto compiere tali atrocità su altri uomini. Lo stesso uomo, dopo aver bruciato tante vite umane nelle camere a gas, poi si gustava il concerto di Mozart, come se niente fosse. Così è registrato. Mi ha fatto inorridire il sentire che dopo aver ucciso dieci, cento, mille esseri umani, nello stesso giorno si possa andare a un concerto di Mozart. Allora pensai che Dio non potesse salvare chi ha compiuto un male così odioso. La mia opinione è sempre stata che un po’ tutti si possano salvare, ma quando vidi con i miei occhi le orme di quell’orrore mi domandai se alla fine Dio avrebbe potuto salvare chi ha commesso cose così nefaste, che ti fanno coprire il volto per non vederle. Appena ritornato in Giappone esposi il mio dubbio e la mia domanda a un sacerdote. Questi mi rispose a sua volta domandandomi chi mai può emettere la sentenza definitiva sull’intera vita di una persona. Se al punto di morte quell’uomo avesse capito il male fatto, chi può dichiarare che non si è salvato? “L’amore di Dio è così grande che anche chi commette cose tanto terrificanti possa salvarsi?”, replicai. Il sacerdote rispose: “Certamente!”. Quella risposta fu per me come una schioppettata alla nuca. “Ma le anime delle persone uccise non dovranno vagare nell’aria infelici?”, ripresi io. “Noi pensiamo che le anime degli uccisi si comportino e ragionino come noi in questo mondo, per cui pensiamo che vaghino nell’aria infelici, ma chi di noi può saperlo?”. Così il sacerdote.

Provai a posizionarmi nella parte di chi è stato ucciso e pensare che sarebbe troppo se anche il mio uccisore si salvasse. Così stetti davanti alle parole del sacerdote e in un qualche modo mi parve di capire che anche chi ha ucciso si salva.

Domandai se le migliaia e migliaia di bambini della Giudea uccisi (da Erode) e tutti i bambini uccisi dagli adulti potranno perdonare i loro uccisori, e il sacerdote mi rispose che quei bambini della Giudea e tutti bambini uccisi, nella loro innocenza, pregano Dio di perdonare gli adulti che li hanno uccisi. “<Questo è il Cristianesimo!>, rispose il sacerdote. A queste parole del sacerdote provai una commozione profonda”. Il Cristianesimo non è giudizio, ma novità di vita.

“Questo è il Cristianesimo!”. Anch’io trasalii traducendo l’esclamazione del sacerdote giapponese. Le persone a cui io ho fatto del male o a cui non ho fatto il bene che dovevo, e sono tante, nel giorno della risurrezione mi vedranno con gli occhi di Gesù sulla croce! “Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno!”. E anch’io eleverò la stessa preghiera per chi mi ha offeso.

“Questo è il Cristianesimo!”. Sarà novità di vita – Ϗаιѵοτητι ζωης.

L’oggi, 12 aprile, è un Pasqua mesta, sacrificata, rinchiusa. Eppure ieri l’altro, venerdì santo, nella vuota Piazza di San Pietro un prigioniero condannato all’ergastolo, nella prima stazione della Via Crucis ha condiviso la sua testimonianza della risurrezione. Lo ha potuto, perché in lui ergasolano, vibra la libertà della risurrezione. E altri pure, prigionieri e vittime e volontari… Ergastolo e risurrezione. La risurrezione è libertà sconfinata. E’ riconoscenza di esistere così. Le difficoltà della vita, conservando il loro peso cronologico, si fanno lievi.

Abitiamo un frammento di tempo del pianeta Terra che gira attorno a una stella media spersa nell’universo, immagine della profondità del cuore di Dio. Gustiamoci di sapere di non sapere. La risurrezione comincia da lì. E ci incanteremo della cascata di fiori dei ciliegi giapponesi, e ci commuoveremo alla piccola viola ciocca che, tutta sola, sbuca tra le crepe dell’asfalto.

Con tutti voi una preghiera che anche i nostri politici gustino di sapere di non sapere; e che da lì inizi il loro sapere, come il nostro. Un giorno vedremo come Dio ha visto questo invisibile nemico, comunque sempre sua creatura e particella della nostra stessa vita. Senza la risurrezione si sentenzia: “E’ opera del diavolo! E’ colpa di…!”. E ci si fa del male l’un l’altro. L’ergastolano nella sua testimonia disse: Ora vedo chiaramente che attraverso tutti i disastri che ho commesso io sono risorto!

p.Luciano


(grazie a Mayumi – ripresa 3 aprile, Tokyo)
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