Sab 30 Mag 2020 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

La stella del mattino – cammino religioso Vangelo e Zen
Milano, Pentecoste 31 maggio 2020

per concessione benevola dell’amico Giuseppe Siniscalchi

“C’è un’aria, c’è un’aria che manca l’aria”: con l’espressione di Giorgio Gaber ho iniziato la lettera precedente. L’aria che manca è prima di tutto quella che manca ai polmoni di tante persone che lottano con il nemico invisibile. Proprio prima di accingermi a scrivere questa lettera, un amico mi ha telefonato la bella notizia che un suo fratello finalmente respira coi suoi polmoni, mentre l’altro necessita ancora dell’ossigeno. I due fratelli sono medici e prima di avere bisogno delle cure, le avevano date ad altri. Una forma potente di comunione dei santi.

Una signora giapponese, alla quale ho avuto l’onore di conferire il battesimo, madre di tre stupende principesse, mi ha rivolto una richiesta inattesa. Suo marito, italiano, è medico e in questi mesi si è prodigato ore e ore nella lotta per salvare la vita. “La notte torna a casa stanchissimo, dorme poche ore e poi di nuovo all’ospedale. Alcuni suoi amici non ci sono più. Io sono una cantante soprano e vorrei comporre e registrare una preghiera per chiedere a Dio di proteggere mio marito e i medici e le infermiere e tutti coloro che si prodigano per salvare la vita.” La signora giapponese mi ha mandato il testo della sua preghiera nella sua lingua. “Puoi tradurmela in latino? Quando io canto Domine Deus e gli altri inni in latino sento di pregare anche se non capisco le parole”.

La preghiera di una sposa giapponese, soprano, per lo sposo italiano, medico! La comunione dei santi in cui confluiscono le culture, i linguaggi, le professioni, le religioni.

Alcuni giorni fa un giovane, dalla distanza convenuta nel coro di una chiesa, rivolse a me prete ottantenne la domanda:

D: “Come vivere con la pace nel cuore?”.
R: “Non dandotela tu. La pace che ti dai ti irrigidisce, ti rende guardingo, geloso e a volte anche violento”.

D: “Ma allora la mia parte qual’è?”
R: “Quella di tener la tua vita aperta a ricevere la pace quando e come ti è data”.

Il giovane rimase alquanto in silenzio. Poi espresse il suo dubbio:

D: “Ma allora, le preghiere, i sacramenti ecc. non sono più necessari?”.
R: “Certo che sono necessari, ma non per comperarti la pace, ma per tenere la tua vita aperta ad accogliere e apprezzare la pace che ti è data, senza profanarla. La pace che dà pace, quella che è dono.”

Gli portai l’esempio del ventaglio che avevo letto in un sutra buddhista: un perno saldo e tante lamine libere. Nella vita dobbiamo avere un perno, una pratica quotidiana a cui essere fedeli, senza aspettarci nulla. Un voto!

Le troppe pratiche, i troppi dogmi, le troppe burocrazie riempiono tutto. Tolgono lo spazio vuoto al vento dello Spirito. Paolo raccomanda: “Non spegnete lo Spirito” (1ma lettera ai Tessalonicesi 5, 19). Ma senza un perno saldo tutto rimane floscio, vago, tiramolla, senza pace. Il perno saldo, ossia l’osservanza fedele di un impegno assunto, di una parola data, di un voto pronunciato, senza mai ridurlo a merce per comprare la pace, ma come osservanza a fondo perduto, è questo che tiene la nostra vita aperta, libera, ad accogliere la pace nelle svariate forme in cui ci viene incontro. La comunione eucaristica è vera quando la fai a fondo perduto. Domani ne avrai ancora bisogno e tu la ri-farai ancora a fondo perduto.

E’ l’insegnamento che la visita del virus ci offre. Sì, perché quando c’è una pandemia la pace è la pace che possiamo accogliere dalla visita della pandemia. Se persistiamo con una nostra prefabbricata idea di pace, allora sono lamenti, sospetti, banalità.

Oggi è la pace nella venerazione delle tante vittime, è la pace nell’offerta dei tanti sacrifici, è la pace nella critica situazione economica, è la pace nella amorevolezza verso i bambini che non possono correre nei parchi, è la pace nel silenzio delle chiese vuote. E’ la pace nello sforzo della ripresa.

E’ la Pentecoste!

“Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8).

“Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Lettera di Paolo ai Galati, 5,22).

E’ il tempo dell’effusione dello Spirito nel vuoto della nostra esistenzialità.

p. Luciano

Nessun tag per questo post.
categorie: In evidenza, lettere

Lascia una risposta