Dom 6 Dic 2020 Scritto da Pierinux Commenti disabilitati su La scuola all’aperto

La stella del mattino – cammino religioso Vangelo e Zen
Milano, Avvento 2020

Barra e Ponticelli sono due quartieri in zona sud-est della città metropolitana di Napoli, dove l’ordine pubblico è stato più volte ferito dalla camorra. Alcune “Suore delle poverelle” di Bergamo da decenni hanno fissato la loro dimora nel rione San Rocco di Ponticelli, facendo del loro convento uno spazio di incontro aperto a tutte le famiglie, soprattutto a quelle che hanno bambini. La congregazione delle Suore delle poverelle è nata a Bergamo, ai piedi delle Alpi Orobie, ma poi si è diffusa nel mondo scegliendo le zone dove le mamme non possono sorridere e i bambini non possono giocare. La loro casa a Ponticelli si chiama: “Spazio libero gioco”, dove mentre i bambini giocano tra loro, le mamme si conoscono e creano amicizia solidale. Le stesse suore a Scampia accolgono nel loro convento le donne che vogliono liberarsi dalla morsa della prostituzione.

Mi ha ricordato l’opera di queste suore un articolo che ho appena letto. “Soltanto in questo modo si assicura il diritto allo studio ai ventisette bambini che normalmente frequentano le scuole elementari di Barra e Ponticelli…” (Da “Il mattino” di Napoli). Si tratta di fanciulli e adolescenti che a casa loro non potrebbero frequentare on line perché sprovvisti di attrezzi telematici e, per di più, aventi genitori che non hanno istruzione scolastica. Dalla Germania alcuni benefattori hanno provveduto all’acquisto dell’attrezzatura.

Probabilmente a loro volta, immagino, saranno napoletani che per un loro futuro migliore sono emigrati in Germania, i quali ora spontaneamente vogliono significare la loro riconoscenza alla terra dove sono nati. Alcuni laici di Napoli, amici delle Suore delle poverelle di Bergamo, hanno dato origine alla onlus NEA: Napoli – Europa – Africa. Lo scopo è quello di salvaguardare il sorriso e il gioco dei bambini, altamente compromessi nelle zone incupite del mondo in cui le cose hanno sostituito il sorriso. E gli attori più bravi a svolgere questo ruolo sono i bambini e i ragazzi di famiglie povere.

I bambini e i ragazzi che mancano di giocattoli e di attrezzatura scolastica non hanno il sorriso sul volto. Anzi, sono tristi. Ma quando qualcuno condivide loro affetto e stima, di botto si illuminano e i loro occhi sprizzano una gioia che è sorpresa prima di tutto a loro stessi.

Le buone Suore delle poverelle nell’anno 1987 chiesero al sottoscritto di guidare i ritiri spirituali delle loro comunità sparse nel Centro e Sud Italia, una ventina di comunità. I ritiri sono di qualche giorno e, una volta all’anno, di una settimana. Fu il mio maggiore impegno di quell’anno. Anche i ritiri spirituali sono occasione per il sorriso e il gioco. Ovviamente mentre si prega o si medita non si gioca, ma ci si concentra; e, guarda un po’, concentrandosi ci si svuota. Così è anche di una donna che s’accorge di avere nel seno una vita nuova. Il dedicarsi alla bella novità comporta lo sgancio da tante altre incombenze. Queste si staccano senza doverle cacciare via, perché non reggono al confronto con la bella novità. Con la mente libera dai molti sovrappiù, si incontrano tante occasioni per sorridere e giocare. Ne rammento alcune.

1. Dopo il ritiro alla comunità di Ponticelli, dovevo prendere il pullman Napoli – Salerno per far visita ai miei confratelli di quella città. Sosto alla fermata del pullman e attendo: un’ora, due ore… e del pullman nemmeno l’ombra. Ma nessun altro pullman transitava. Finalmente ecco un passante. “Mi scusi, ma… “. E il passante di risposta: “Ma lei non sa che stasera il Napoli sta giocando la partita per lo scudetto?”. Meravigliato della mia imperdonabile ignoranza, s’affrettò verso – suppongo – un qualche bar con la televisione. Le buone Suore delle poverelle erano sembrate ignare anche loro del grande avvenimento; ed erano serene. Ritornai al convento per un pernottamento in più e chiesi se potevo accendere l’unica radio che le suore tenevano nella sala di soggiorno.

2. Dopo il ritiro alla comunità di Scampia, una suora mi accompagnò ad un’altra comunità nella penisola sorrentina. Sulla circumvesuviana un donna, forse sessantenne, come vide la suora s’avvicinò gridando: “Suora, finalmente mi danno la pensione e le prometto che appena ricevo quei soldi smetto di fare questo mestiere. Se me ne resteranno ne porterò anche a lei suora per il bene che fa (suora della comunità che accoglie le prostitute che vogliono uscire da quella catena).

3. A un corso di esercizi spirituali di una settimana tenuto sui colli romani, partecipò anche una suora di 87 anni che proveniva dalla comunità di Imperia. In genere tutte le suore partecipanti chiedono un fraterno colloquio con il predicatore, oltre il sacramento del perdono. Questi colloqui, grazie al fatto che la mente si è purificata dai tanti sovrappiù, sono essenziali, ma altrettanto commoventi. Dopo avermi chiesto di non divulgare per un certo periodo quanto stava per raccontarmi, mi disse che lei era stata la superiora della comunità di suore che provvedevano alle incombenze domestiche della abitazione in Vaticano di papa Giovanni XXIII (a cui a Bergamo hanno intitolato il grande ospedale cittadino). Papa Giovanni XXIII era ormai morente e la suora chiese al segretario don Capovilla di poter sostare vicino al papa in preghiera. “Santo padre, noi suore preghiamo che possa rimanere ancora con noi a lungo”. Al che il papa: “Grazie! Ma vi raccomando di non chiedere neanche un giorno in più di quello che il Signore vuole!”. La suora ascoltò e rimase in silenzio, quand’ecco il papa sussurrò ancora qualcosa. La suora si accostò per ascoltare: “Ma nemmeno un giorno i meno!”.

Anche prima di morire, con l’umore nel cuore. Anche nel bel mezzo dell’affanno covid, con l’umore nel cuore.

p. Luciano


Ti invito ad ascoltare questo bellissimo inno sacro giapponese cantato dalla soprana Shinobu della comunità giapponese cattolica di Milano. Ecco il link:

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