Mer 16 Feb 2022 Scritto da Pierinux 1 COMMENTO

“Mi troverai – in un sempre – libero – dal tempo”. E’ un versetto della poesia che una madre, al termine dei suoi giorni, ha dedicato al figlio universitario. Questi, il figlio, mi chiese di presiedere al rito eucaristico di consegna della salma della madre a quel “sempre – libero – dal tempo”. Il rito fu tenuto mercoledì 9 febbraio, nella romanica Pieve di Monluè. Non avevo mai incontrato quella donna, ma il figlio mi disse che viveva in assidua semplicità, di tanto in tanto sostando per fermare nei versi di una poesia le vibrazioni del momento. Sempre da una poesia degli ultimi suoi giorni questi versi:

e ora
che si fa più vicino
il distacco dalla stanza liquida
ripercorro i passi decisiche mi hanno accompagnato
lungo un cammino impervio
e so
eche non cambierei nulla
della mia sofferta ricerca
di significato
della mia sussurrata richiesta d’aiuto

e quella sconosciuta
vita nella vita
lascia tracce
indelebili
che nel tempo
troveranno
il loro giusto spazio
c’è spazio in me”

L’ampia Pieve romanica dal soffitto a cassoni in legno era gremita di giovani e adulti, gente comune legata alla defunta dalla passione di affidare alla poesia i fremiti della vita, di quella sconosciuta vita nella vita che lascia tracce indelebili, davanti a cui la logica della ragione, invece, rimane muta.

Un compagno di cammino da tanti anni, mi ha confessato che la religione, che è stata finora la sua religione, non gli parla più. E’ diventata muta!. Su suggerimento dell’amico ho letto il libro IL DIO CHE NON E’ “DIO” (Gabrielli editore). Autore: Gilberto Squizzato, giornalista e regista brianzolo. L’intento del libro è quello di liberare i credenti dalle raffigurazioni antropomorfiche di cui, lungo la storia, una parte dell’istituzione ecclesiastica ha corazzato il cammino dei credenti. Che cosa di più attuale, in un momento in cui il papa stesso si fa testimone di questa liberazione? Nel suddetto libro Squizzato esordisce con il grido di Dostoeskij (I fratelli Karamazov), alias dell’umanità intera, che interpella Dio sul perché i bambini innocenti debbano soffrire. La sofferenza del bambino innocente è assurda e rende assurda la fede in un Dio onnisciente, onnipotente, misericordioso. Chi di noi non ha emesso lo stesso grido, forse nel più profondo silenzio? Anche Gesù gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34). Squizzato svuota la raffigurazione di Dio Padre, onnipotente e onnisciente, ma che di fatto rimane impassibile ai drammi che si susseguono nella storia. “Perché non tornare serenamente ad abitare la piccolezza della nostra condizione umana, liberandoci dalla supposizione orgogliosa di poter possedere, anche solo per frammenti, per briciole, per pulviscoli di pensiero, l’Inafferrabile, l’Impossibile?” (ibidem p. 88).

Squizzato ricorre a indicare Dio tramite l’immagine della luce, nel cui flusso la realtà si modella nelle varie forme. Trascrive così l’inizio del Padre nostro:

“Luce buona che sei qui ma anche oltre,
dove noi neppure riusciamo a immaginare,
questo è ciò che vuoi
che gli uomini e le donne siano in pace e felici,
e questo noi pure vogliamo con te,
sentendoci fra noi fratelli. Noi non conosciamo il tuo nome
ma sappiamo e sentiamo che tu sei santa,
cioè al di là dei confini che noi possiamo raggiungere
ma al tempo stesso al di qua di quei confini,
perché in Gesù abbiamo potuto vederti all’opera…”
(ibidem pag. 83).

Alla new age!”, qualcuno potrebbe sussurrare. No! Per miliardi di anni la luce, nel fecondo gioco con le tenebre, fu il grembo che ha partorito l’immenso cosmo. Per quanto ci è dato di sapere, nessun ente personale che potesse chiamare Dio “Padre” era mai apparso all’orizzonte, fino agl ultimi sgoccioli del tempo cronologico. Gli ultimi sgoccioli ossia i nostri giorni, l’era umana. Dio chiese a Giobbe: “Da quando vivi hai mai comandato al mattino e assegnato il posto all’aurora… Puoi tu annodare i legami delle Pleiadi o sciogliere i vincoli di Orione?… Conosci tu le leggi del cielo?” (Gb 38).

“Dio, nessuno l’ha mai visto” Gv 1,18); quindi chi lo vede, non vede dio.

Le considerazioni di Squizzato sono un prezioso richiamo che ogni immagine riversata su Dio è vera a suo tempo e luogo, ma nessuna immagine lo contiene. Nicolò Cusano afferma che se gli animali potessero comunicare in modo consapevole con Dio, ciascuno lo immaginerebbe secondo la propria specie. Quale immagine può veicolare il rapporto personale dell’uomo con Dio? L’immagine dell’uomo! A questo Squizzato dedica la seconda parte del suo libro, a cui anche la mia prossima lettera.

Ritorno alla poesia scritta da una madre negli ultimi suoi giorni al figlio universitario.

Lascito d’amore
sarà
Il sorriso lungo il camino
lo sguardo che si fa abbraccio
la passione che danza
la disobbedienza alla durezza
Mi troverai
in un sempre
libero
dal tempo

Le immagini e le sensazioni che veicolano il rapporto dell’essere umano con l’Assoluto fondamento e armonia dell’universo, devono essere lievi, madide di pudore, dai colori temporanei della stagione, grondanti lacrime quando nel dolore, smaglianti di sorriso nei momenti della gioia; e tutto affidato al vento dello Spirito. Quindi nel silenzio di ogni immagine, dal proprio abisso iteriore l’atto di fede: “Credo!”. Non vedo alcun oggetto! La fede è un comando dal proprio abisso interiore:

quella sconosciuta
vita nella vita
lascia tracce
indelebili.

p.Luciano

Nessun tag per questo post.
categorie: In evidenza, lettere

Un commento

  1. Claudia Toniolo ha detto:

    Grazie! 
    Vi mando questa poesia di Pascoli che credo simboleggi con semplicità e naturalezza tutto l’amore di una vita spensieratamente immersa nel gioco della vita. 

    https://www.filastrocche.it/contenuti/valentino/

    Parla di Dio? Per me sì. 
    Come le poesie intensamente vissute  della mamma di Monlue’. 
    Ci sono quadri, poemi, pezzi musicali che raccontano di Dio, del bene, del male, del dolore, dei sogni infranti e di quelli realizzati. 
    Ogni espressione artistica, come dicevamo a S. Pietro in Vincoli, può essere forma divina o il suo contrario. 
    Ma anche il sorriso di Donato quando mi sveglio la mattina accanto a lui. 
    Le gemme che aspettano di fiorire al momento giusto. E quante altre cose oltre all’orrore della guerra, della violenza, dell’ingiustizia ogni giorno riempiono il mondo e si espandono per spezzare le difficili e irte conflittualità inutili. 
    Giovedì sera guardate in tv il film di Paolo Conte. È bellissimo. E a giorni uscirà nelle sale quello su Ennio Morricone. 
    Due grandi uomini che amano profondamente le donne e l’umanità intera. 
    Un abbraccio. 
    Claudia Toniolo
    (Milano)

Lascia una risposta