In questa settimana mi sono richieste due testimonianze on line: una sull’istante della morte con riferimento alla religiosità buddhista e una sulla poesia che emana dalla religiosità cristiana. La prima domanda è giunta da un gruppo di cammino del Movimento dei Focolari, la seconda dall’evento “Similitudini – Rivelatrice come la poesia” promosso dalla Biblioteca Planetiana, Comune di Yesi. Istante della morte e poesia: che di più inconciliabile? Istante della morte e poesia della dignità umana scorrono intrecciandosi nelle scene che i giornali e la televisione ci mostrano in questi giorni. La mente li distingue e li contrappone, eppure rimangono reciprocamente correlati.
” Il mio cuore invece è ancora come quella notte… sconfinato e senza l’ombra di una nube”. Così negli ultimi giorni della sua vita scrisse nel suo diario Nagai Takashi, il medico di Nagasaki che si spese nel curare i superstiti dalla catastrofe atomica condividendone il contagio radioattivo e la morte 6 anni dopo lo scoppio della bomba. I “Pensieri dal Nyokodō1“, da cui traggo l’espressione citata come titolo a questo messaggio, è la raccolta delle sue ultime meditazioni recentemente tradotte e pubblicate in italiano. Le ultime meditazioni di Nagai Takashi e gli “Ultimi canti” di Davide Maria Turoldo sono antologie in cui l’istante della morte e la poesia obbediscono all’unica regia della vita, in un concerto di voci basse e alte, vitalità del contrasto.
Per chi desiderasse partecipare segnalo i link che mi sono stati comunicati con il numero telefonico cui rivolgersi per eventuali informazioni e istruzioni (scaricare l’allegato).
(1) Nyokodŏ, Il luogo come me stesso: così T. Nagai chiamava l’eremo che si costruì nella valle di Urakami distrutta dalla bomba atomica, da cui promosse la ricostruzione.