La stella del mattino – cammino religioso Vangelo e Zen
Milano, 8 aprile 2022
I fiori di vuoto (Kuge) e la croce
Quest’anno la liturgia della Settimana Santa si svolge avente sullo sfondo la Croce della sofferenza per la guerra in corso. Attorno alla croce reale di sofferenza di un popolo, di due popoli, di tanti popoli, scorre una profusione di discorsi e di pareri. Questi evocano una immagine della tradizione Zen: Fiori di vuoto, in giapponese: Kuge. Kuge è il titolo del 14mo capitolo dello Shōbōgenzō, opera in cui Dōgen raccoglie il suo insegnamento sulla Via dello Zen[1]. “Fiori di vuoto“, oppure Fiori d’aria“, oppure “Fiori di vento“: l’espressione, in modo molto immediato, evoca le immagini mentali e astratte a cui l’uomo suole ricorrere quando s’imbatte nell’evidenza di fatti che lo sconcertano. Le immagini e i pareri creano un’atmosfera semi-reale, indistinta, oggi si direbbe virtuale e, di conseguenza, elude dallo scontro diretto, faccia a faccia, di se stesso con la nuda realtà. Si forma un clima di vaghezza, giusto per procrastinare le soluzioni in un futuro che scorre sempre avanti con i giorni che scorrono.
Tutti, credo, abbiamo l’esperienza del miraggio dell’acqua che dopo la pioggia si riflette splendente a cento metri davanti a sé sull’asfalto della strada che si sta percorrendo in macchina. Una chiazza d’acqua che risplende! Che è mai? Pare raggiungibile in pochi secondi, invece lo splendido riflesso corre anche lui insieme con l’automobile e non si lascia afferrare. Delusione? Eppure, il miraggio obbedisce ad una legge scientifica e, come miraggio, è scientificamente vero. Il fiore d’aria, o di vento, o di vuoto è, piuttosto, quello messo in scena da chi osserva attento a non scavalcare il confine oltre cui, gioco forza, occorre stare in piedi di fronte all’evidenza dei fatti reali. Rimanendo nel vago si vede tutto nel vago e la distanza tra realtà e miraggio evapora nell’aria. Così i fatti reali, sviliti a miraggi, vanno e vengono nell’aria e nel vuoto, senza urtare, senza compromettere interessi economici e commerciali, senza disturbare consueti stili di vita.
Oggi molto pacifismo è fiore d’aria, fiore di vento, fiore di vuoto.
La liberazione dalla evanescenza virtuale avviene quando le idee o le parole che noi vorremmo intrattenere nel tepore di fiori d’aria, fiori di vento, fiori di vuoto si ergono in piedi e tirano fuori la potenza di cui sono gravide. Le idee e le parole hanno la potenza di mettere in croce chi le pensa e le dice: sono chiodi che crocifiggono. Disse: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,22). La lieta notizia di questo Vangelo è custodita nell’aggettivo personale sua. Ossia, la croce che io sono chiamato a portare è la mia croce, quella intima alla mia dignità umana, quella consona alla mia misura, quella familiare ai miei hobby, quella concreta dalle cui ferite germoglia la bellezza che è la mia concreta bellezza.
Proprio perché è la mia croce, sta dentro il mio limite. Anzi, il mio limite la custodisce. Il mondo virtuale non conosce il limite, perché i suoi fiori sono di vento, di vuoto, di aria. Voglio qui salutare i giovani che in questi giorni sono acceduti al confessionale per essere purificati in vista della loro prossima consacrazione matrimoniale nell’ormai imminente tempo pasquale. Il reciproco dono sarà concreto e germoglieranno fiori concreti, croci di bellezza. Bellezza che non può darsi se manca la croce della concretezza, se il convivere è quale un fiore senza i suoi vividi contorni. Convivenze di vento!
Il tempo pasquale attende ciascuno di noi, pronto ad abbracciare la propria croce, la concreta croce della pace. Fiori concreti, o se si vuole ferite concrete, di un vivere più sobrio nell’alimentazione, nel vestito, nell’uso del veicolo privato, nell’uso dell’aria condizionata, nelle scelta di vacanze meno esotiche. A guadagnarne in bellezza sarà il proprio corpo che diverrà più atletico, il proprio volto più sereno, i propri vestiti più genuini e, se uno strappo c’è, è quello nobile del lavoro. L’imbianchino vero quando la sera torna a casa è bello dal capo ai piedi. Non solo gli abiti, ma anche i capelli, le sopracciglia sono un solo gioco di colori.
D’estate suderemo e d’inverno ci copriremo. Un proverbio dice: Chi non prende caldo d’estate, si ammala d’inverno. Chi non prende freddo d’inverno, s’ammala d’estate. Diverremo più saggi e rispettosi della natura. Senza ricorrere alle armi per fermare la guerra, sradicheremo le idee malefiche che provocano la guerra. Sarà un lungo e paziente cammino, ma gli atti concreti che andiamo compiendo ci faranno percepire l’essere realmente presenti sulla strada. Con i piedi per terra, sarà piacevole avvistare i tanti fiori di vuoto che vanno e vengono nell’aria. L’albero non fa meno belli i tanti fiori che cede al vento, mentre trattiene quelli che porta a maturazione.
Dal testo Kuge di Dōgen, da cui l’immagine dei fiori di vuoto, una citazione: “Ci sono occasioni in cui qualcuno vede un fiore a causa di un difetto di vista. Ciò avviene quando si cerca effettivamente il risveglio senza capire che il difetto stesso è la radice del risveglio… Il fiore è le molteplici forme dell’esistenza, mentre la vacuità è la vera essenza che pervade ogni forma. In un singolo fiore senza gambo si può vedere ogni forma individuale della vacuità. L’universale vacuità sboccia come un fiore” (traduzione a cura di Serio Oriani).
Il Vangelo indica che il fiore, in cui l’universale vacuità sboccia, è il perdono e l’amore reciproco.
A tutti una concreta settimana santa
Luciano
[1]Al riguardo si segnala: G.Jisō Forzani, I FIORI DEL VUOTO (Bollati Boringhieri).
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